All’improvviso fu distratta da una melodia che dissolse il meccanico masticare in un ricordo e si
trovò sul sentiero che seguiva ondeggiante quel suono armonioso. Tra candide pareti di ottuagenarie betulle trotterellò
quando sentì la fonte sonora più vicina, ma ad un tratto la terra le tremò sotto i piedi e si sentì sollevare improvvisamente
dalla spinta di un albero che nasceva al suo passaggio. Si trovò tra esili rami gemmati di lunghi amenti marroni-
giallastri ad osservare in basso il corteo di satiri dalla coda biforcuta, che soffi avano festanti
in trombe eburnee. Al passare della musica si accendevano luci inspiegabili lungo tutto il
cammino, fi ammelle luminose e dondolanti che attiravano la danza di schiere d’api in volo.
Fu condotta da tale corte in un campo sterminato di alteri e variopinti fi ori: tempeste di
azzurre borragini e purpuree betoniche. Là dove aceri e ontani, intarsiati con vene dorate da mano
meticolosa, si intrecciavano bassi per dare un tetto al loro passaggio, rami e foglie s’esibivano in arabeschi e trine. Si
trovò così nel bel mezzo del desiderio di rinnovamento, in un punto non meglio precisato di quella stanza a cui
la consuetudine aveva strappato anche i colori dalle pareti.
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