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va città è il coraggio. Per questo, Platone non fa sconti. E nel
momento in cui spiega dettagliatamente come è necessario
cambiare i canti omerici per ammetterli nel nuovo Stato, il
Socrate protagonista del dialogo dice:
“Ora noi preghiamo Omero e gli altri poeti di non prendersela a male
se cancelleremo queste espressioni. E non perché non siano poetiche
e non offrano piacere a chi le ascolta ma perché quanto più sono poe-
tiche tanto meno le devono ascoltare ragazzi e uomini che devono
essere liberi e devono avere paura della schiavitù più che della mor-
te. (…) Per questo aboliremo i pianti e le lamentele dei grandi uomi-
ni. (…) E ne faremo materia da donne, anzi da donnicciole, e da uo-
mini vili, affi nché coloro che vogliamo educare per la difesa del
paese disdegnino di comportarsi in modo simile a loro” (resp.
387b-388a).
Non c’è molto da discutere. E non ci sarà molto altro
da aggiungere alla fi ne del dialogo, quando Platone condan-
nerà Omero in via defi nitiva, dunque abbandonando la spe-
ranza di poterne modifi care i canti e cancellandolo dalla fu-
tura costituzione. Nel momento della massima invettiva,
così si esprime infatti attraverso Socrate:
“Alla poesia non abbiamo ancora rivolto l’accusa più grave. È spa-
ventoso infatti come riesca a guastare anche le persone migliori,
eccetto ben poche. (…) Ascolta e giudica. Quando i migliori di noi
ascoltano le imitazioni che Omero o un altro autore tragico fanno di
qualche eroe che è immerso nel lutto e si sfoga in un lungo discorso
pieno di lamenti (…) sai bene che proviamo gusto e ci abbandonia-
mo noi stessi a seguirle partecipandone i sentimenti e che seriamen-
te lodiamo come buon poeta chi meglio ci fa provare queste emo-
zioni” (resp. 605 c-d).
Ma non è questo il modo di comportarsi adeguato a
chi crescerà nella nuova città e dovrà difenderla. Niente mol-
lezza. Niente emotività. Nessuna facilità al pianto e al la-
mento. Omero va bandito defi nitivamente.
Quale enorme sorpresa proviamo noi oggi di fronte a
queste frasi drastiche e sprezzanti. E quale enorme sorpresa
dovettero provare gli antichi stessi. Impossibile non notare
infatti l’enorme incongruenza di Platone. Come poté allora
non rendersene conto egli stesso? Lui, lettore e amante di Ili-
ade e Odissea, come riuscì a sostenere che l’eroe senza volto,
l’eroe in lacrime, fosse privo di coraggio? Non sapeva forse
che quell’Achille pronto a rotolarsi in terra, strapparsi i capel-
very seriously. And in the moment in which he explains in
detail how necessary it is to change the Homeric poems be-
fore admitting them to the new State, the protagonist of the
dialogue Socrates says:
“Now we beseech Homer and the other poets not to take offence if
we cancel these expressions. And not because they are not poetic
and do not offer pleasure to the listener but because the more poetic
they are, the less boys and men, who have to be free and have to fear
slavery more than death, have to listen to them. (…) That is why we
will abolish the cries and complaints of great men. (…) And we will
make this women’s stuff, or rather silly women’s stuff and vile men,
so that those we want to educate to defend the country disdain to
behave like them” (resp. 387b-388a).
There is not a lot to discuss. And there won’t be much
to add by the end of the dialogue, when Plato will condemn
Homer defi nitively, thus abandoning the hope of being able
to modify the poems and delete him from the future consti-
tution. In the moment of maximum invective, so it is actual-
ly expressed through Socrates:
“We have not yet addressed the most serious accusation to poetry. It
is indeed frightening how it is able to spoil even the best people,
with the exception of a few. (…) Listen and judge. When the best of
us listen to the imitations that Homer or another writer of tragedies
make of some hero who is immersed in mourning and lets himself
go in a long speech full of lament (…) you know well that we take
delight and we surrender ourselves in following them sharing feel-
ings and we seriously praise a good poet as the onewho is the best at
letting us experience these emotions” (resp. 605 c-d).
But this is not the way to behave fi tting to those who
will grow up in the new city and will have to defend it. No
feebleness. No sensitivity. Tears and lament are not to be en-
couraged. Homer is to be banned permanently.
What a great surprise we fi nd today in the face of
these drastic and derogatory senten. And what a great sur-
prise the ancients themselves must have found. It is impossi-
ble in fact not to notice Plato’s incredible inconsistency. How
could he not have realized it himself? He, a reader and a lov-
er of the Iliad and the Odyssey, how was he able to affi rm
that the hero without a face, the hero in tears was lacking
courage? Perhaps he did not know that Achilles, who was
ready to roll on the ground, to pull out hair, throw ash upon
li, tirarsi cenere addosso mentre latrava mostruosi lamenti
per la morte di Patroclo, era stato l’eroe più coraggioso? Non
sapeva che Odisseo, capace di piangere per quasi otto anni di
fronte al mare di Ogigia sognando il ritorno a casa, era stato
l’eroe del coraggio astuto e infi nito? Non sapeva anzi che l’u-
nico eroe incapace di piangere era stato il più vile e vigliacco
al punto che suo padre lo aveva disprezzato accusandolo di
essere pronto solo a correre dietro alle sottane delle ragazze?
Non sapeva che Paride, il bell’Alessandro, l’uomo che aveva
sedotto Elena e dato così inizio alla guerra di Troia, non pian-
geva mai e forse proprio in questo stava la sua effeminatezza,
il suo essere in fondo un non-eroe? Come mai sbagliava fi no
a questo punto, il grande Platone?
Passione e Bellezza. L’idea centrale dell’educazione
che Platone propone nella La Repubblica è semplice. La città
nel suo complesso deve essere piena di bellezza. Belli gli
edifi ci, belle le strade, belli gli interni degli edifi ci pubblici e
privati. Belli devono essere gli spettacoli e bella la musica e
bella la letteratura nel senso più ampio. Bellezza ovunque.
“E così i giovani, come se abitassero in un luogo sano, trarranno van-
taggio da ogni parte per cui un effl uvio di opere belle, come una brez-
za che spira da luoghi salubri e porta con sé salute, ne colpisca la vista
e l’udito e fi n da fanciulli insensibilmente li guidi alla somiglianza,
all’amicizia, alla concordia con la bella ragione” (resp. 401 c-d).
himself while barking monstrous laments for the death of
Patroclus, was the most couragious hero? He did not know
that Odisseus, who was capable of crying for almost eight
years in front of the sea of Ogigia dreaming about his return
home, had been the hero of smart and infi nite courage? Did
he not know that the only hero unable to cry had beeen the
vilest and most cowardly to the point that his father had
scorned him, accusing him of only being prone to chase af-
ter girls’ skirts? Did he not know that Paris, the handsome
Alexander, the man who seduced Helen and so started the
Trojan War, never cried and perhaps this was his effemina-
cy, being at the end a non-hero? How come the great Plato
got it wrong up to this point?
Passion and Beauty. The central idea of education
that Plato proposes in La Repubblica is simple. The city as a
whole has to be full of beauty. Beautiful buildings, beautiful
roads, beautiful interiors of public and private buildings.
Shows, music and literature have to also be beautiful, in the
widest sense of the word. Beauty everywhere.
“And so the young people, as if they lived in a healthy place, will ben-
efi t from every part for which a scent of beautiful works, as a breeze
that blows from healthy places and brings with it health, affecting
sight and hearing and since children insensibly lead them to similiar-
ity, to friendship, to understanding with virtuous reason” (resp. 401
c-d).
What is really beautiful basically represents a kind of
discordant harmony that can have nothing whatsoever to do
with evil. It is the greatest achievement of our humanity,
of our best capacities, of our most elevated way of thinking.
La “bella ragione” sarebbe il bel logos, ovvero il
modo di ragionare bello e giusto. I Greci erano certi di alcu-
ne cose che in questo caso dobbiamo sottolineare, anche se a
pensarci bene, benché lontani duemilacinquecento anni, an-
che noi non possiamo che condividerle. Innanzitutto che il
grande eros, il più forte amore s’identifi ca con la passione
che travolge l’anima e la tende in maniera potentissima ver-
so un obiettivo. Chi è pieno di passione diffi cilmente si tira
indietro per conquistare ciò che ama. In secondo luogo, era-
“Good reason” would be the bel logos, or rather the
good and fair way to reason. The Greeks were sure of a num-
ber of things which in this case we must underline, even if
you think about it, even though two thousand and fi ve hun-
dred years ago we too can do no other but adopt. First of all,
that the great eros, the strongest love identifi es itself with the
passion that overwhelms the soul and powerfully stretches it
out towards an objective. Those full of passion hardly ever
hold back to win what they love. Secondly, they were sure
MATTEO NUCCI
30.06.2016
rendez-vous Δ2