Stories and Matters
2018
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Tecnologia
L’innovazione esponenziale:
immaginare il presente.
A cura di Rimadesio
“Ho la sensazione che il mondo là fuori
mi stia chiamando. Sussurrandomi che c’è
qualcosa di più”, confi da Dolores Aber-
nathy, premurosa fi glia di un rancher nel
selvaggio west del secolo XIX. Dolores
è anche un androide stampato in 3D e dotato
di intelligenza artifi ciale. Lei e i suoi
colleghi sono le “inconsapevoli” attrazioni
di Westworld 1, parco divertimenti dove
tutto è concesso, all’insegna di un’autentica
esperienza western. “Viviamo già in una
realtà di intelligenza artifi ciale” rifl ette Lisa
Joy, co-creatrice della serie TV Westworld
(2016) “è solo che non vediamo dei robot,
vediamo degli smartphone. Pensiamo
‘Beh è un piccolo passo’. Ma se lo guardia-
mo nel suo insieme, ci rendiamo conto
che ci stiamo muovendo verso una realtà
in cui le nostre vite e i nostri pensieri
sono caricati in rete. Stiamo già vivendo
in una realtà di intelligenza artifi ciale”.
Intelligenza artifi ciale (AI) e coscienza
artifi ciale (AC), additive manufacturing
(AM), internet delle cose (IoT) e internet
del tutto (IoE), sono solo alcune delle
frontiere tecnologiche che la serie tv mette
in scena, combinandole, in un orizzonte
temporale ancorato nel presente. Sembrano
appartenere a un’altra epoca le tecnologie
della pellicola originale, annus domini 1973.
Scritta e diretta da Michael Crichton met-
teva in scena in un futuro prossimo (1983)
dei robot umanoidi simili a D-3BO di Star
Wars, 1977 o a Terminator, 1984.
Come genere letterario la fantascienza è
nata nel XIX secolo in Inghilterra, dove
lo sviluppo tecnologico che trainava la
galoppante rivoluzione industriale aveva
innescato una serie di profonde trasforma-
zioni sociali, suscitando sentimenti ambi-
valenti, di speranza e di paura, e dato vita
a un ricco immaginario sui possibili esiti
delle scoperte scientifi che e delle applica-
zioni tecnologiche. Nel primo romanzo
fantascientifi co, concepito nel 1816 dalla
diciottenne Mary Shelley, il protagonista
è un giovane studente di medicina che,
traumatizzato dalla scomparsa della madre,
concepisce l’idea di creare l’essere perfet-
to, possente e intoccabile da qualsiasi ma-
lattia. Frankestein assembla una creatura
cucendo pezzi di cadaveri, e la rianima
con la corrente elettrica. Erano anni in cui
proliferava il traffi co di cadaveri alimen-
tato dalle richieste delle scuole mediche
per praticare la dissezione e in cui gli studi
pionieristici sulla corrente elettrica (Hans
Christian Ørsted, 1820 Michael Faraday,
1821 André-Marie Ampère, 1826 Georg
Ohm, 1827) stavano preparando le basi
per l’invenzione dei motori elettrici e la
seconda rivoluzione industriale.
Il romanzo Jurassic Park, fi rmato da
Michael Crichton nel 1990, immaginava
che lo sviluppo dell’ingegneria genetica
avrebbe permesso di riportare in vita i
colossi della preistoria utilizzando il DNA
fossilizzato dei dinosauri. Il 30 luglio
2003 una squadra di scienziati francesi e
spagnoli ha riportato in vita per qualche
minuto il bucardo, una capra selvatica dei
Pirenei estinta tre anni prima. Nel 2012
a San Francisco è stato varato il progetto
Revive&Restore con l’obbiettivo di far
ricomparire animali estinti impiantandone
gli embrioni nella specie geneticamente
più simile.
In Jurassic Park la lettura del codice ge-
netico estratto dalle zanzare era effettuata
dai supercomputer, capaci di ridurre il
tempo dell’operazione da due anni a una
manciata di minuti. Quando il romanzo
è stato scritto il Progetto Genoma Umano2
era agli albori. Ha richiesto l’investimento
di 2.7 miliardi di dollari ed è stato portato
a termine nel giugno 2003. Già nel 2015
il genoma poteva essere sequenziato
in qualche ora, al costo di 1.000 dollari.
Stiamo quindi assistendo a un cortocir-
cuito: le frontiere temporali immaginate
dalla fantascienza sono violate in un lasso
temporale sempre più breve.
La comparsa del communicator in Star
Trek nel 1966 ha ispirato l’invenzione del
telefono cellulare.
Martin Cooper, a capo di un team di ricerca
di Motorola, ne elaborò un prototipo in 90
giorni, che venne presentato alla stampa
a New York, il 3 aprile del 1973. Il primo
cellulare fu commercializzato nel 1983,
al costo di 3,995 dollari (9,300 a prezzi
correnti). La tecnologia alimenta speran-
ze e preoccupazioni, fa da motore per la
creatività umana, che a sua volta accom-
pagna e traccia il futuro, generando un
cortocircuito. Si assottigliano i confi ni tra
presente e futuro, tra immaginazione e
realtà: è la fantascienza stessa a ispirare e
guidare l’evoluzione tecnologica.
Il tema basilare è sicuramente quello della
velocità: nello sviluppo delle tecnologie
innanzitutto, ma anche nella loro diffusio-
ne in settori e contesti geografi ci diversi.
A
ciò va aggiunto che la rete informa-
tica connette ormai ogni punto del
pianeta e rende ancora più epidemica la
diffusione delle invenzioni: sia perché
possono diffondersi in tempo reale, sia
perché è sempre maggiore il numero
di persone che, venendone a conoscenza,
possono contribuire a migliorarle.
D’altro canto le tecnologie emergenti co-
noscono un elevato tasso di miglioramento
quando escono dalla fase prototipale e
iniziano a essere applicate. Prima di James
Watt le macchine a vapore sfruttava-
no circa l’1% dell’energia liberata dalla
combustione del vapore. Tra il 1765 e il
1776 Watt triplicò queste prestazioni. Dal
primo modello con 4,4 kW, Watt costruì
nel 1781 un modello a 7,5 kW. Nel 1876 fu
prodotta una macchina a vapore da 1.000
kW, nel 1900 da 2.200 kW. Tuttavia, mano
a mano che la tecnologia diventa matura,
sforzi sempre più intensi portano a risulta-
ti sempre più modesti: vengono raggiunti
i limiti fi sici del miglioramento. La differen-
za è data dalla misura del ritmo del mi-
glioramento e dalla sua durata nel tempo.
Lo storico Ian Morris ha scritto: “anche
se alla rivoluzione [del vapore] ci vollero
parecchi decenni per svilupparsi [...] fu
ugualmente la trasformazione più grande
e veloce nell’intera storia del mondo”.
V
elocità e durata sono concetti relativi:
l’informatica ci ha portati in un’altra
dimensione. Nel 1965 Gordon Moore3, co-
fondatore di Intel, osservò che il numero
di trasnsistor contenuti in un circuito in-
tegrato era raddoppiato ogni anno. Erano
solo dieci i componenti del primo chip,
assemblato nel 1958. Azzardò che nel
breve periodo il tasso di incremento sa-
rebbe rimasto costante. La legge di Moore
ha retto per più di 50 anni: il numero di
transistor contenuti in un chip è raddop-
piato ogni 18 mesi. Nel giugno 2017 IBM,
Samsung e Globalfoundries hanno annun-
ciato un nuovo processo industriale che
consentirà di sviluppare chip contenenti
30 miliardi di transistor. La velocità e
l’effi cienza energetica dei supercomputer,
la velocità di download, l’effi cienza degli
hard drive, e tante altre innovazioni in
campo digitale e informatico, seguono la
legge di Moore. Nel 1996 il governo ame-
ricano ha sviluppato ACSI Red: costato 55
mln di dollari, occupava una superfi cie di
200 metri quadrati e consumava 800kW
l’ora. E’ stato il primo supercomputer a
oltrepassare la velocità di 1,8 terafl op. Nel
2006 è nato un altro computer dotato della
stessa velocità, costava 500 dollari, occu-
pava una superfi cie di gran lunga inferiore
al metro quadro e consumava 200 W l’ora:
la play station 3. Si tratta di una crescita a
ritmi esponenziali senza precedenti.
Il suo protrarsi nel tempo ci pone di fronte
a ordini di grandezza che vanno al di là
della nostra capacità di comprensione, per
i quali non siamo attrezzati. La sostenibi-
lità nel tempo di una crescita esponenziale
assume infatti una connotazione diversa
rispetto alla nostra esperienza. Quando si
tratta di macchine a vapore, di velocità de-
gli aerei, di produzione di energia elettrica,
di peso delle automobili, i limiti fi sici sono
tangibili. Il digitale e l’informatica ci
confrontano invece con problemi di ordi-
ne diverso. Le limitazioni sono molto più
relative: “Riguardano la quantità di elet-
troni al secondo che possono essere fatti
passare in un canale inciso in un circuito
integrato, o quanto velocemente i raggi
di luce possono passare lungo un cavo
a fi bre ottiche”. Brynjolfsson e McAfee,
ricercatori del MIT e autori del testo
The Second Machine Age4 (2014), osservano
che la velocità esponenziale e protratta
nel tempo ci portano a ordini di grandezza
talmente elevati da risultare astratti, o
meglio, “in un’epoca in cui quello che è
arrivato prima non è più una guida parti-
colarmente affi dabile per quanto arriverà
in seguito: la fantascienza continua a
diventare realtà”.
G
li esseri umani non sono gli unici a
scambiare informazioni: le macchine
“chiacchierano” sempre di più. I dispositivi
M2M (machine to machine), che producono
un traffico generato dalle apparecchiature
stesse e non dagli utenti, nel 2016 hanno
rappresentato il 34% dei dispositivi
connessi a internet. Il restante 66% era
costituito da personal computer, tablet, pc,
televisioni, smartphone. Secondo le
previsioni della CISCO il sorpasso
avverrà nel 2021, quando il 51% dei dispo-
sitivi online sarà di tipo M2M: automobi-
li, robot industriali, oggetti della domoti-
ca, attrezzature mediche, sensori per il
fitness, reti di smistamento dell’energia e
così via. Il neologismo Internet delle Cose
è stato utilizzato per la prima volta nel
1999, per descrivere gli oggetti che sono in
grado di interagire con la realtà circostante
raccogliendo e trasmettendo dati, estraen-
do e utilizzando informazioni. Attraverso
chip e sensori, gli oggetti interagiscono tra
loro e con la realtà circostante. Oggi il
mondo fisico può essere (quasi) intera-
mente digitalizzato, e questo è una delle
innovazioni più importanti degli ultimi
anni. Digitalizzare significa trasformare un
fenomeno fisico nel linguaggio nativo dei
computer, in una sequenza di numeri
espressi in formato binario o, detto in altre
parole, in informazioni che possono essere
archiviate, modificate e riprodotte. L’impli-
cazione economica è enorme: l’informazi-
one digitale ha un costo marginale di
riproduzione prossimo alla zero e non si
esaurisce quando viene utilizzata, anzi,
il suo valore aumenta all’aumentare degli
utenti che la utilizzano. I dati sono prodotti
in tempo reale e su vasta scala da sensori,
dispositivi audio e video, network, file di
registro, applicazioni transazionali, internet
e social media.
I
l 90% dei dati esistenti nel 2013 è stato
creato nei due anni precedenti e
continuano a espandersi non solo per
volume, ma anche per varietà e velocità.
La necessità di analizzare ed elaborare
masse di dati eterogenei in tempi sempre
più brevi sta trainando lo sviluppo di
tecniche di analisi che prendono il nome
di Big Data5. Potenzialmente tali dati pos-
sono essere elaborati e utilizzati in tempo
reale, per fare scelte e prendere decisioni,
ma il volume e la velocità sempre crescen-
ti con cui vengono prodotti necessitano
nuove tecnologie di stoccaggio (come la
base di dati distribuita, detta blockchain)
e lo sviluppo di tecnologie che consenta-
no di sfruttare la potenza di calcolo delle
macchine per svolgere operazioni sem-
pre più complesse, operazioni che fi no a
qualche anno fa si pensava che potessero
essere svolte solo dall’intelligenza uma-
na. In The new division of labour, scritto
nel recente 2014, gli autori Frank Levy e
Richard Murnane hanno preconizzato un
mercato del lavoro in cui le competenze
professionali richieste ai lavoratori sareb-
bero da rinvenire nei limiti dei computer.
Questi ultimi sarebbero stati in grado di
svolgere ogni sorta di operazione sim-
bolica, dalla matematica alla logica, al
linguaggio, e quindi avrebbero potuto
sostituire qualsiasi attività umana descri-
vibile con algoritmi.
Sarebbe invece stata salvaguardata la ca-
pacità, esclusivamente umana, di esami-
nare le informazioni raccolte attraverso i
sensi e di riconoscere modelli, o pattern.
L
’esempio portato dagli autori è quello
della guida nel traffi co: “L’autista di
camion possiede lo schema per riconosce-
re quanto ha davanti. Articolare questa
conoscenza e inserirla in un programma
informatico per tutte le situazioni [...]
è un compito al momento enormemente
diffi cile. I computer non possono sostitui-
re facilmente gli esseri umani”. Nel 2004
fallì il Grand Challenge, sfi da aperta a vei-
coli totalmente autonomi promossa dalla
DARPA, agenzia per i progetti avanzati
del Dipartimento della Difesa degli Stati
Uniti. L’obbiettivo era il completamento
nel più breve tempo possibile di un per-
corso di 200 km nel deserto californiano.
L’auto che andò più lontano completò a
malapena il 5% del percorso, prima di
uscire di strada in un tornante. Poco dopo,
il 9 ottobre 2010, Google ha annunciato
il suo successo su 140.000 miglia di
asfalto: “le nostre macchine automatizzate
utilizzano videocamere, sensori radar e
un telemetro radar per ‘vedere’ il traffi co,
così come le mappe dettagliate. Tutto que-
sto è reso possibile dai nostri centri
di elaborazione dati, che processano enor-
mi quantità di dati raccolti dalle nostre
macchine mentre mappano il terreno”.
La conversione di dati di origine e conte-
nuto eterogeneo in un linguaggio stan-
dard, quello binario, permette di mettere
in relazione informazioni appartenenti
a ambiti diversi con una velocità inaspet-
tata. Le tecnologie digitali accoppiate
al ritmo esponenziale del miglioramento
delle tecnologie informatiche consentono
di sviluppare e ricombinare simultanea-
mente tra loro le innovazioni nei settori
più disparati: i nuovi materiali, la pro-
duzione additiva, il sequenziamento del
DNA, la nanotecnologia, le energie rinno-
vabili, la robotica avanzata e l’informatica
quantistica. Secondo Klaus Schwab, fon-
datore del World Economic Forum, “sono
la combinazione di queste nuove tecnolo-
gie e la loro interazione attraverso domini
fi sici, digitali e biologici che rendono la
quarta rivoluzione industriale diversa
dalle rivoluzioni precedenti”. Dapprima ci
furono il vapore e la meccanizzazione del
lavoro svolto con l’energia umana o ani-
male, poi venne l’elettricità, la catena di
montaggio e la nascita della produzione di
massa. La terza era dell’industria è giunta
con l’avvento dei computer e l’automazio-
ne, quando i robot iniziarono a sostituire
gli esseri umani in catena di montaggio.
Ora stiamo entrando nella quarta rivolu-
zione industriale, in cui i computer e l’au-
tomazione si uniranno in modo nuovo, con
i robot controllati da sistemi di intelligenza
artifi ciale6 in grado di apprendere e operare
senza l’intervento dell’uomo.
I
l limite più forte al pieno dispiegamento
delle forze della tecnologia è in realtà
costituito dalla velocità con cui sapremo
cambiare le nostre abitudini, intuire e
mettere a frutto le potenzialità delle inno-
vazioni in maniera sistemica, concepire
nuovi modi di disegnare i processi, orga-
nizzare il lavoro e combinare le informa-
zioni. Ad esempio, solo lo 0,5% dei dati
disponibili è oggi utilizzato nei processi
decisionali. D’altronde va ricordato come
la sostituzione delle macchine a vapore
con i motori elettrici non portò subito a un
miglioramento immediato della produtti-
vità. Lo storico Paul David ha notato che i
tecnici e i manager del tempo si limitaro-
no a sostituire le tecnologie, senza mutare
la planimetria e l’organizzazione delle
fabbriche. Fu solo la successiva generazio-
ne a sfruttare appieno le potenzialità dei
motori elettrici.
Il vapore richiedeva un’unica fonte di energia
e che i macchinari necessitanti maggiore
potenza fossero posizionati più vicini alla
fonte di energia. Con l’elettricità viceversa
ogni macchina può essere alimentata da
un singolo motore: il layout delle fabbriche
cominciò a essere disegnato in base al fl us-
so di lavoro e dei materiali. Per tornare al
presente, a livello globale si stanno molti-
plicando i progetti per favorire e guidare il
salto di qualità che ci permetterà di sfrut-
tare le potenzialità delle nuove tecnologie.
Il Advanced Manufacturing Partnership
degli Stati Uniti, il progetto Industrie 4.07
adottato dal governo tedesco, il piano stra-
tegico Made in China 2025 sono esempi di
strategie nazionali fi nalizzate a stimolare
e indirizzare l’applicazione delle innova-
zioni tecnologiche, a determinare gli esiti
della quarta rivoluzione industriale.
Ma la portata delle trasformazioni che ci
attendono sarà molto più grande e tra-
scenderà l’ambito industriale. Le aziende
della Sylicon Valley, quali Uber, Airbnb,
Linkedin, Facebook, Amazon, Google,
Netfl ix, Twitter hanno già creato una cesura
cambiando, per sempre e potenzialmente
ovunque, il modo di viaggiare, di spostar-
si, di fare acquisti, di cercare lavoro, di
comunicare, di fruire dei contenuti multi-
mediali e così via.
N
el marzo 2017, al CeBIT di Han-
nover – la più importante fi era IT
– il Giappone ha presentato al mondo il
programma governativo Society 5.0, che si
propone di guidare la trasformazione delle
strutture sociali che accompagnerà la
nuova rivoluzione delle macchine. Anche
se non possiamo ancora tratteggiare con
esattezza gli esiti di questa trasformazio-
ne, sicuramente, per utilizzare le parole
di McAfee e Brynjolfsson, essa “sarà
caratterizzata da innumerevoli esempi di
intelligenza delle macchine e da miliardi
di cervelli interconnessi che lavoreranno
insieme”. I frutti di questo lavoro dipen-
deranno dalla nostra capacità di immagi-
nare e costruire il futuro-presente che ci
attende.
1. “Sotto l’egida d’una parola altamente impe-
gnativa, ‘Stile’, si inizia una indicazione di opere
d’architettura e d’arredamento, e anche di disegni,
e di opere di pittura e di scultura”. Così Gio Ponti,
nel gennaio 1941, presentava il primo numero di
“Lo Stile nella casa e nell’arredamento”, il mensile
“di idee, di vita, d’avvenire, e soprattutto d’arte”
da lui creato e diretto fi no al 1947.
2. È stato il fi losofo tedesco Walter Benjamin a
rifl ettere sull’aura, intesa come unicità dell’opera
d’arte, e sulla sua scomparsa dovuta alla diffusione
della riproduzione meccanica che dell’opera stessa
si può avere grazie alla fotografi a. Nel suo celebre sag-
gio “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità
tecnica”, Nuovo Politecnico, Einaudi 1966.
“I circuiti integrati porteranno a tali meraviglie come
i personal computer – o perlomeno a terminali con-
nessi a un computer centrale – controlli automatici
per le automobili, e attrezzature portatili per comuni-
care. L'orologio elettrico da polso necessita solo di un
display per essere fattibile”
Gordon E. Moore, Cramming more components,
Electronics, Volume 38, Number 8, April 19, 1965.
4. Erik Brynjolfsson, Andrew McAfee, The Second
Machine Age: Work, Progress, and Prosperity in a
Time of Brilliant Technologies, W. W. Norton & Co
Inc, New York, 2014 – Edito in Italia da: Feltrinelli
Editore.
5. I dati non strutturati o sensibili al fattore tempo
o così grandi da non potere essere processati con
i sistemi di database relazionali, richiedono tecniche
diverse, chiamate Big Data.
6. Intelligenza artifi ciale: è una branchia dell'infor-
matica che si prefi gge lo scopo di creare macchine
intelligenti, ovvero dotate delle caratteristiche consi-
derate esclusive degli esseri umani.
7. Zukunftsprojekt Industrie 4.0 (I40) è un’iniziativa
strategica nazionale del governo tedesco. L’iniziativa
si basa sulla strategia High Tech 2020 del governo
tedesco e sarà portata avanti per 10-15 anni. L'inizia-
tiva è stata lanciata nel 2011 con un fi nanziamento
di 200 milioni di euro.