Basilica di S. Antonino - Piacenza
Le origini della Chiesa di Sant’Antonino a Piacenza, risalgono al
IV secolo quando, tra l’anno 350 e 375, San Vittore primo Vescovo
della città, fonda una prima Basilica paleocristiana.
Questa si trovava ubicata sulla via francigena, al di fuori delle
mura cittadine.
L’ipotesi più realistica legata alla ricostruzione del IV secolo
sembra essere quella del martirium, ossia un edificio a pianta
centrale, dove nel 400 il Vescovo Savino vi fece traslare la salma
di Sant’Antonino.
Per diversi secoli questa Basilica fu eletta a Cattedrale della città,
fino a quando, nell’anno 850, si decise il trasferimento del ruolo
di Cattedrale all’interno delle mura cittadine.
Di conseguenza la Basilica Antoniana perse parte del suo
preminente ruolo ecclesiale, anche se la sua posizione strategica
e l’importanza avuta fino a quel momento, spinsero il Vescovo
Paolo nell’anno 870 ad un intervento di ricostruzione.
L’aggiunta di due ali laterali a croce, sormontati al centro da
un tiburio quadrato, modificarono radicalmente l’originaria
planimetria.
L’ipotesi oggi tenuta in considerazione, è che il nucleo centrale di
tale edificio possa essere anteriore all’anno Mille, forse di epoca
carolingia.
Se tale ipotesi venisse confermata, significherebbe che nella
ricostruzione della Basilica, dopo il Mille, furono riutilizzati alcuni
vecchi muri, come la parte anteriore della torre.
A causa delle invasioni barbariche, la struttura dell’edificio subì
ingenti danni ed il Vescovo Sigifredo nel 1014 decise di ricostruirla
modificandone l’impianto originale con l’ampiamento del vano
centrale sul quale vennero elevati la torre e i transetti.
Dalla relazione dei restauri realizzati (pubblicazione del 1991),
dalle indagini e dai rilievi fatti sull’edificio, si può dedurre che
i lavori di ricostruzione realizzati in quel periodo avrebbero
portato la Chiesa medievale di Sigifredo a raggiungere l’attuale
completezza d’impianto.
Nella zona occidentale permangono le caratteristiche della
Chiesa primitiva a pianta centrale, mentre la zona orientale
venne ampliata e divisa in tre navate che si concludono in
altrettante absidi.
La torre ottagonale aveva tre ordini di bifore, ma i primi due
furono chiusi nel 1530 per conferire alla struttura maggiore
solidità. Internamente le pareti erano affrescate e la copertura
delle navate consisteva in un soffitto piano fissato alle capriate
che costituivano il tetto.
La scelta del lato nord per la collocazione del portale del Paradiso
scolpito nel XII secolo con le effigi di Adamo ed Eva, testimonia
l’importanza di questa facciata che in origine si pensa fosse
anche intonacata e dipinta.
Nel 1350 venne costruito davanti al portale il portico del Paradiso,
opera dell’architetto Pietro Vago, permettendo in questo modo al
braccio occidentale di acquistare il ruolo di atrio d’ingresso.
Alla fine del XV secolo le primitive coperture a capriate furono
sostituite da volte gotiche esapartite.
Nel 1562 fu demolita l’abside maggiore per poter allungare il
coro in conformità alle nuove disposizioni liturgiche impartite
dal Concilio di Trento e nel 1622, Camillo Gavasetti dipinse le
volte della nuova abside.
Con l’età barocca infine furono aperte alcune cappelle nelle
navate laterali, portando ad un appesantimento generale delle
decorazioni interne.
A ridosso della facciata occidentale fu anche collocato un
grandioso portale barocco.
I successivi restauri sono datati a metà ‘800, ma a inizio ‘900 si
interviene nuovamente affidando i lavori all’architetto Arata, il
quale operò cercando di restituire alla basilica l’aspetto originale.