La forma come struttura del possibile: una storia.
Metamorphosis
108. 109.
materia morta o inerte,
o altre ancora come
pindemonte (2009) o
A sud del cielo (2011) e
la recente mostra The
modern prometheus
(2012) dove il passaggio
dalla vita alla morte e
viceversa, dalla materia
inerte che prende ogni
volta una forma differente
grazie all’intervento
dell’artista-demiurgo, è
regolato da una sorta di
evoluzione darwininana
dalla polvere alla carne
alla vita vissuta, giocata,
scopata, donata, fino
alla morte ineluttabile
e quindi al ritorno alla
polvere e di rimando ad
un nuovo ciclo vitale.
Parafrasando Lavoisier:
nulla si crea e nulla
si distrugge, ed è il
passaggio stesso da
una forma all’altra, il
collegamento, il nesso tra
un pensiero ed un altro,
che più mi preme cogliere
per poterlo rendere
visibile, tangibile.
10. Anna Galtarossa
Costantemente fluire e
mutare per restare se
stessi. Ballare per trovare
un equilibrio.
Seguire il ritmo base del
mondo, quello che in
alchimia viene codificato
nei tre stadi fondamentali
di putrefazione,
purificazione e rinascita.
Aspettare di essere
sporchi prima di lavarsi,
per non illudersi che ci
possa essere sicurezza
nell’inalterabilita`.
11. Loris Cecchini
… In un continuo
interscambio tra
narrazione biografica e
artificio del linguaggio,
tra posizione poetica
e interpretazione del
dato tecnico, le opere si
alternano e si sviluppano
come un rizoma aperto
in cui frammenti di
natura ed elaborazione
di dati di differente
origine, in una sorta di
osmosi espressiva, in cui
le materie e i materiali
si astraggono per
rendersi pura presenza,
pura materia sensibile,
rapporto osmotico
tecnologia-natura.
… Il lavoro dell’arte come
morfologia fluttuante
sospesa nella dimensione
solida ed evanescente
del linguaggio artistico,
dove il costruire si fa
tensione simbolica
e riappropriazione
dell’esperienza, nella
ridefinizione poetica di
un paesaggio culturale
situato da tempo tra
realtà fisica dei materiali
e pura virtualizzazione;
la meraviglia del mondo
nella sua morfologia,
la stratificazione, la
costruzione e la misura,
la configurazione e il
funzionamento, il sistema
e la sua conformazione, la
superficie e la carcassa.
… La fluttuazione della
materia in una misura
che si offre nella doppia
topografia degli elementi
fisici e dei paesaggi della
transfigurazione.
Una pratica dello spazio
e del paesaggio che
ci condizionano nel
quotidiano, e che dagli
occhi vanno al cervello,
poi allo stomaco e
finalmente entropizzati,
ritornano alla testa
con un senso diverso,
mescolandosi a tutto
quello che – per Natura e
per Cultura – sapevamo
già di quel vedere.
… Diagramma di una
continua metamorfosi:
la forma dell’opera come
risultato mai definitivo,
forma in contrazione ed
espansione nello spazio di
un’architettura emotiva
che, come luogo abitabile,
si riempie e si svuota,
si sporca e si pulisce
nuovamente, cambia
coordinate geografiche
confrontandosi con altre
lingue e linguaggi.
… Perdere il reale per
ridefinirlo poeticamente;
la misura arbitraria
come unità di strumento
mutevole, struttura
aperta a configurazioni
multiple, meccanismo
variabile suscettibile di
revisione continua, con
cui è possibile disegnare
cartoline di mondi diversi.
Un sé isometricamente
stratificato, dove i valori
altimetrici diventano
picchi emotivi.
… Credo che il nostro
condensato di sapere
e di esperienza, di
emotività e riflessione, di
capacità ed attenzione,
ad un certo punto si
materializzi in qualcosa
che è l’opera, che diventa
indipendente da noi nel
momento in cui diventa
linguaggio. O meglio
l’opera, in tutte le sue
forme, è imprescindibile
da chi l’ha resa tangibile
(anche nell’assenza), ma
è tanto più forte come
linguaggio quanto più
diviene autonoma …
L’opera è essa stessa
manifestazione di parola
e definizione, in un fluire
continuo di senso e di
possibilità. Lo sguardo
sull’opera, la pausa
indotta, è portatore
di un’esperienza in
“formazione” e non di
informazione; l’opera
non informa su niente:
al contrario contribuisce
alla formazione
dell’esperienza.
… L’opera come
autonomia formale
che può estendersi
a molte tipologie di
spazio, proponendosi
in configurazioni
grafico-spaziali che
possono caratterizzare
emotivamente
l’architettura,
proprio in virtù di una
morfologia che ha le
sue basi nell’organico
e nella composizione
numerico – matematica;
altresì risultato di
memoria stratificata
e diario soggettivo
dell’interpretazione del
mondo.
… Certamente le soluzioni
degli artisti sono legate
ad una progettualità
e a poetiche diverse,
spesso non condizionate
da formulazioni
utilitaristiche e di ordine
pratico, ma che fanno
leva sulle capacità
deliranti dell’arte di
parlare di istanze di
ordine più spirituale.
Insisto sulle capacità di
transfigurazione della
materia dell’arte. Una
forte fascinazione per la
progettualità, l’interesse
per un environment non
caratterizzato solo dalla
presenza di immagini e
oggetti, mi ha portato al
confronto con lo spazio,
ma quasi sempre con
Note
sempre più travagliato,
esposto, analizzato e
scalfito. Fino al punto
in cui l’apparizione
dell’eroe era talmente
semplificata e immune da
eventuali attacchi esterni
che la storia si ritrovò
totalmente ferma.
Da questo fatto ho capito
che la trasformazione è
un momento di dialogo
e apertura straordinario
dove lo scambio dialettico
è estremamente rapido e
fruttuoso. Penso di aver
sperimentato questo
“stato del pensiero”
durante le collaborazioni
che ho avuto la fortuna
di poter realizzare con
diversi artisti, ed è
sempre stato un lavoro
intenso, efficace e
totalmente irrazionale.
Nei miei lavori spero
quindi di continuare ad
incontrare quello stato di
incomprensione proprio
della ricerca e della
scoperta tra forme in
procinto di trasformarsi
in un altro pensiero. “E
se il porto diventasse un
risotto?”; “Ti ricordi che
dovevi modificarmi quella
parte?”; “Si ho già pensato
a cosa scrivere, ma a
scriverla non sarò io”.
5. Andrea Sala
Recentemente ho trovato
in un libro pubblicata una
bellissima foto di Luigi
Ghirri. Nella foto, Ghirri
aveva immortalato alcune
delle bottiglie nello studio
di Morandi, oggetti che
sarebbero diventati poi
celebri.
È proprio partendo da
questa immagine che
vorrei spiegare cosa è
per me la metamorfosi.
Qualcosa che cambia
molto lentamente
nel tempo, qualcosa
che viene spostato
lentamente, fino ad
arrivare a cambiare la sua
funzione e il suo senso.
Questo succede quando
qualcosa sin dall’inizio
lascia intravedere
le sue possibilità di
ulteriore sviluppo. Come
per molti dei lavori
prodotti da Morandi,
con minime variazioni
nei toni di colore o
piccoli spostamenti. La
metamorfosi È per me
una sorta di processo
naturale. Insomma
un’evoluzione.
In fondo oggi conosciamo
le giraffe come tali, con la
loro forma allungata. Ma
chissà: ad un certo punto
le foglie fresche dovevano
essere tanto in alto da
poter cambiare la forma
di un essere.
6. Ettore Favini
La forma é una
conseguenza del
processo, non sono
interessato a ricercare
forme, ma contenuti,
sono conscio che storia
dell’arte italiana e la sua
ingombrante tradizione
mi richieda questo, ma
ho capito il mio totale
disinteresse verso essa
e anche, in parte la sua
inutilità. Il processo di
ricerca formale non mi
appartiene più. I miei
lavori sono operazioni
aperte, tentativi di
verifica, ricerca di un
pensiero, ma in un
processo che prevede
l’uso di materiali tangibili,
inevitabilmente produce
un risultato formale.
Penso che le idee
sopravvivano agli oggetti.
La metamorfosi e più del
pensiero.
7. Gabriele De Santis
Cratilo, nel V secolo a.C.,
ipotizzò l’impossibilità di
dare un nome alle cose
e alle persone, essendo
esse in costante divenire.
Si limitava dunque ad
indicarle con il dito, per
evitare di fare errori.
Questo mi fa pensare a
tutti i lavori della storia
dell’arte che non hanno
un titolo. Forse è perché
questi lavori cambiano
continuamente, non
solo nel loro aspetto
esteriore (a causa del
naturale processo di
invecchiamento), ma
forse anche nel loro
aspetto comunicativo e
concettuale.
Discuto dunque di un
processo di metamorfosi
non legato alla fisicità,
piuttosto alla ricezione di
un messaggio che l’opera
d’arte emette e che
cambia continuamente
a seconda del contesto
e dell’audience in cui si
trova. Mi ricordo di un
progetto curato da Jens
Hoffman alla galleria
Casey Kaplan di New
York nel 2003, dal titolo
Exhibition of an Exhibition,
che prevedeva la scelta
a priori di alcuni lavori
e ben 4 curatori invitati
a curare una mostra e
scriverne il comunicato
stampa sempre con gli
stessi lavori.
Risultato 4 diverse
mostre, 4 diversi
comunicati stampa.
Stessa opera d’arte,
diverso significato.
Dunque non è tutta colpa
del tempo.
8. Daniel González
Spostare il valore
semantico della realtà é
un dispositivo rivelatore
dell’effimero, uno
slittamento delicato
di percezione che ci
permette di vedere
l’opera come un istante
magico, catturando la
natura del presente
insieme alle possibilità del
futuro.
9. Andrea Mastrovito
La metamorfosi, il
fluire/cambiare della
materia, è qualcosa
che, in realtà, nel mio
lavoro, è ricollegabile al
meccanismo del ciclo
e della trasformazione,
nell’arco di un dato
tempo (solitamente
questo tempo
corrisponde ad un ciclo
vitale), di un essere o di
un oggetto in qualcosa
d’altro.
Quando ho realizzato
le prime aiuole di libri
(2009), il ragionamento
basilare era quello del
passaggio dal fiore
all’albero, dall’albero alla
carta, dalla carta al libro
e quindi, finalmente, col
mio intervento di ritaglio,
il ritorno alla forma
originaria, il fiore.
Allo stesso modo altre
opere come Eine
symphonie des Grauens
(2007) riprendono il
concetto di ciclo in cui
l’essere umano muore e
rinasce continuamente
e ogni volta creando
qualcosa di nuovo (in
questo caso creando
ibridi pesci/uccelli) dalla