il carattere dominante del suo complesso
sistema, permette la visione di un’infinita
varietà di possibilità. Questo suffraga la
realizzazione di opere frammentarie,
strutturalmente fragili, delle annotazioni
fenomeniche più che delle asserzioni, che
caratterizzano nell’insieme gli interi anni
Novanta. Al mutare continuo degli assiomi
iconografici fa contro una estetica
polverizzata, del frammento,
dell’accidente, che frantuma il volume
per una caducità dell’intervento sia
fattuale che concettuale. Il segno della
fragilità dei tempi ma anche
l’estremizzazione di una mancanza di
indagine focale che condurrà di lì a poco
al sensazionalismo dell’immagine dedotta
dai media pubblicitari ma anche alla
costituzione di una estetica relazionale
che genera spazi sociali in perenne
mutamento, strettamente legati allo
sviluppo degli scenari di vita urbana.
Ryan Gander, Thomas Hirschhorn,
Carsten Höller, Rirkrit Tiravanija, Andrea
Zittel sono solo alcuni autori che
imbastiscono trame, creano network,
stabiliscono un recupero del dato
antropologico e culturale che di per se
stesso non può che essere mobile e
territorialmente localizzato. Ribadiscono
in fondo le riflessioni di Nelson Goodman,
quando afferma che “il mondo non ha, in
se stesso, una struttura anziché un’altra.
La sua struttura dipende dai modi in cui lo
consideriamo, e da ciò che facciamo e ciò
che facciamo, in quanto esseri umani,
è parlare e pensare, costruire, agire e
interagire, noi costituiamo i nostri mondi
costruendoli”. Felix Gonzales Torres
lascia che le sue installazioni si
trasformino in quanto fattori agenti che
interagiscono emotivamente con il
pubblico, che le consuma, assimila.
Di contro Matthew Barney destruttura la
forma, digerisce l’immagine opulenta
dando un fenomeno di
spettacolarizzazione alle sue riflessioni
che si appellano ad un nuovo e sfavillante
concetto di barocco. La creatività
estetica viene considerata come il modo
per eccellenza di realizzare questi
pensieri, costruzioni, azioni, interazioni
ed artisti come Subodh Gupta, Anish
Kapoor e Ai Weiwei riattualizzano questa
dimensione nuovamente mitica con opere
visionarie, dal forte coinvolgimento
emotivo e sensoriale.
Altri cambiamenti di stato alla luce del
nuovo millennio? Certo è che lo sviluppo
accelerato della rete e della connessione
2.0 nonché la crisi ideologica maturata
negli ultimi anni hanno fatto sì che si sia
verificato un recupero delle istanze
individuali e comportamentistiche da
parte degli artisti. Un rinnovato interesse
alle esigenze etiche e strutturali
dell’essere umano, unito ad una
piattaforma globale senza filtri hanno
permesso di riformulare con un coraggio
ed un approccio differente le elaborazioni
artistiche, paventando spesso un ritorno
a tematiche moderniste. Vi è di certo una
responsabilizzazione nuova e consapevole
del ruolo dell’artista, non più figura
sociale marginale nelle intenzioni, ed un
diverso rapporto di maggiore autenticità
e inferiore snobismo con altre discipline,
per indagare la materia antropologica.
In questo senso, sia mostre come Non
totalmente immemori né completamente
nudi, A Basic Human Impulse e Posso
errare ma non di core, che il medesimo
progetto legato al Premio Moroso
per l’Arte Contemporanea, si iscrivono
in questa direzione. Quest’ultimo,
concepito per documentare, valorizzare
e sostenere gli artisti che lavorano
principalmente in Italia, evidenzia
la sperimentazione degli assunti
linguistici, coerentemente alle finalità
innovative dell’azienda. Il progetto,
La forma come struttura del possibile: una storia.
Metamorphosis
082. 083.
strutturato tra mostra, pubblicazione e
produzione, vuole infatti costituirsi quale
cantiere fattuale per le istanze legate alla
stretta contemporaneità, valorizzando
criticamente il cambiamento degli assunti
formali che contraddistinguono le giovani
generazioni, anticipando così le istanze
e i mutamenti sociali in corso. Eppure, tra
gli artisti presentati in queste rassegne,
un tratto comune appare chiaramente
enunciato: sussiste una osmosi continua
dei segni che suggerisce un approccio mai
univoco ma mutageno nei confronti della
ricerca. Non a caso si parla anche per
il design di ‘oggetto transitivo’,
che definisce una fase di passaggio tra
decostruzione del segno e biotecnologia,
propria sia della sfera architettonica che
delle arti visive. Si riconduce in questo
la duttilità del corpo di Christian
Eisenberger dove si ipotizza una plastica
che, senza ossa, è oramai solo involucro,
superficie di iscrizione degli stimoli
esterni provenienti dal mondo e, allo
stesso tempo, dei movimenti più intimi,
viscerali dei diversi tessuti della carne.
Dello stesso avviso Dragana Sapanjoš1. che
nella dialettica relazionale trova spunto
per le sue performance collettive
di scontro; incontro di energie e forze
connettive che implica anche la
risoluzione di una immagine per Luca
Pozzi2. , per il quale il cambiamento
di stato rappresenta una metamorfosi
continua ed auspicabile. Elaborazioni
pertanto di volumi liquidi, che implicano
strutture assieme futuribili e primordiali
che si snodano senza soluzione di
continuità secondo Luca Trevisani3.
e Christian Frosi4. o verso una rilettura
degli elementi strutturali per
una decostruzione attiva della stessa per
Andrea Sala5.. Opere metafisiche che
nascono da una diversa interpretazione
Prima edizione premio moroso per l’Arte Contemporanea,
veduta d’insieme, GC.AC, Monfalcone, 2010