Alfredo Aceto
I l C a v a l I e r e , l ’ a l I e n o , l ’ a l l e a n z a
( G u i d a p e r v i a g g i a r e n e l t e m p o )
Ci sono bambini che non si accontentano facilmente delle storie che gli si raccontano.
Alfredo Aceto doveva essere uno di loro. Immaginare quale fosse la sua relazione con quell’in-
fanzia narrata non è poi un’impresa tanto sconcertante, dato che la maggior parte dei suoi
gesti prendono proprio quel periodo della sua vita come punto di partenza. Più precisamente,
indagano alcuni dettagli che diventano poi, con il tempo, ossessioni: si parla di Sophie Calle,
Pripyat, delle balene, o delle automobili (in particolare alcuni modelli). Questi sono alcuni
degli elementi di una cosmologia che l’artista riconfigura permanentemente per ogni suo pro-
getto, costruendo un mondo pieno di simboli ed avvenimenti, dove la sequenza temporale è
incerta – non lineare.
F I N A L I S T
La sequenza temporale – più ancora che il
tempo in sé – è l’ossessione predominante
di Alfredo Aceto. Interessato dalle modalità
di narrazione, le sue mostre riescono sempre
a trovare la soluzione per raccontare una
storia senza raccontarla davvero. Il primo
elemento mancante sono i personaggi. L’es-
sere umano non è mai presente nel lavoro
dell’artista, ma sempre suggerito. Lo stato
di assenza di qualsivoglia personaggio non
sta ad indicare la sua effettiva assenza. Così
come Pripyat, la città abbandonata, il suo
lavoro è ricco di tracce. La presenza umana
può essere inseguita, ma tende poi sempre
a fuggire. Tutto questo si manifesta nei gesti
dell’artista che spesso hanno la particolarità
di essere quasi irrilevabili; raggiungendo (se
raggiungere è la parola esatta) lo status di
quasi ready-mades.
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S.L.A.V.13
2016, pittura acrilica su tela da scenografia, 140 x 160 x 3 cm / acrylic on stage, canvas, 55” x 63” x 1”
Courtesy of the artist e / and Andersen’s Contemporary, Copenhagen
Quest’attitudine era già presente in molti dei
suoi primi lavori. Prendiamo ad esempio la
serie degli orologi, opere che sono create a
partire da orologi a muro non funzionanti.
La loro pesante cornice cromata presenta l’im-
patto delle pallottole la cui origine rimane
incerta: è l’artista il responsabile del gesto?
La storia che li accompagna vorrebbe che in-
terpretassimo le cose diversamente. L’artista
cita, spiegando il lavoro, un passaggio di Wal-
ter Benjamin Sul concetto di storia (1940),
sulla Rivoluzione Francese:
“Giunta la sera del primo giorno di scontri,
avvenne che in più punti di Parigi, indipen-
dentemente e contemporaneamente, si sparò
contro gli orologi dei campanili.”
Rifacendosi a questo aneddoto, Alfredo Aceto
riposiziona il lavoro in un altro spazio tempo-
rale. Ciò nonostante, la tensione temporale è