STORIE DI CASE
Chapter N. 4
The marble table was perfectly set: on the satin tablecloth, embellished with
ochre yellow embroidery, the silver cutlery, the crystal goblets and the floral
centerpiece formed an architecture supported by a perfect balance.
A couple of logs were burning in the fireplace. Francesco and Giulia almost
never lit it anymore, except when their grandson Milo would ask them, like on
that very day. Now, seated in his chair, Francesco could observe him through
the doorframe while he played with an enormous wooden track on the living
room carpet.
“Have you decided where to go on holiday?” he asked his son Arturo.
He looked at Laura as someone who has a secret to tell, undecided
about who should speak first.
“We are going to Paris,” replied Arturo. “But to live,” he added a
moment later, taking parents by surprise. “I accepted a job offer
from an important studio overlooking the Place des Vosges.”
“And Milo?” Francesco asked, immediately regretting his ill-timed
curiosity.
“He’s going to learn French.” Laura reassured him. “It will be useful
to him in the future.”
“Wait a minute,” Giulia said before getting up. She ran to the
bedroom, grabbed the picture frame resting on the wooden chest
of drawers and returned to them. The photo framed inside, in
black and white like the furnishings of the house, depicted her and
Francesco when they were young. Beautiful as can be at twenty
years old. “This is when Dad asked me to marry him during a trip to
Paris,” she explained, pointing out the gardens of a square in the
background of the shot. Place des Vosges. The same place where
his son would work.
Milo’s future
La tavola in marmo era apparecchiata alla perfezione: sulla tovaglia di
raso, impreziosita da ricami giallo ocra, le posate d’argento, i calici in cristallo
e il centrotavola floreale formavano un’architettura sorretta da un equilibrio
perfetto.
Nel camino bruciavano un paio di ciocchi di legno. A Francesco e Giulia non
capitava quasi più di accenderlo, tranne quando a chiederglielo era loro
nipote Milo, come quel giorno. Ora, seduto sulla sua sedia, Francesco lo
poteva osservare, attraverso il profilo della porta, mentre giocava sul tappeto
del salotto con un’enorme pista in legno.
“Avete deciso dove andare in vacanza?” aveva chiesto a suo figlio
Arturo.
Lui aveva guardato Laura come chi condivide un segreto, indeciso su
chi dei due dovesse parlare per primo.
“Andiamo a Parigi” aveva risposto il figlio. “Ma a vivere” aveva
aggiunto un attimo dopo cogliendo di sorpresa i genitori, “ho
accettato la proposta di un importante studio che si affaccia su
Place des Vosges.”
“E Milo?” aveva domandato Francesco pentendosi subito della
curiosità inopportuna.
“Imparerà il francese”, l’aveva tranquillizzato Laura, “gli sarà utile,
per il futuro.”
“Aspettate un attimo” aveva detto Giulia prima di alzarsi. Era corsa in
camera da letto, aveva afferrato il porta-fotografie poggiato sulla
cassettiera in legno ed era tornata da loro. La foto incorniciata al
suo interno, in bianco e nero come gli arredi dell’abitazione, ritraeva
lei e Francesco da giovani. Belli come si è belli a vent’anni.
“Qui è quando papà mi ha chiesto di sposarlo, durante un viaggio a
Parigi” aveva spiegato indicando, sullo sfondo dello scatto, i giardini
di una piazza. Place des Vosges. La stessa dove avrebbe lavorato
suo figlio.
Il futuro di Milo
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