STORIE DI CASE
Chapter N. 3
A whole week. A home of their own. When his mother’s new partner had left for
Argentina, she offered to leave Pier the keys to her home, the only condition
being to take care of Mia, the cat she had adopted a few years before.
As soon as they arrived they put their suitcases on the ground. Pier
stopped in the doorway, dumbfounded, while his friends began to
explore the apartment. He could hear their voices filling the
corridors and echoing euphorically from one room to another.
Awakened by the noise, Mia joined him at the entrance and began to
eagerly rub against his legs. After stroking her, Pier picked her up.
Only then did he feel permitted to enter.
The house welcomed them warmly. They had found the right place for every
activity: lunches with spaghetti and fresh cherry tomatoes, sitting on the four
stools in the kitchen, laughing about the the last months of university; sipping
bitters on the rocks in the “the tapestry room”, as they had nicknamed it; the
games of Risk played on the immense sectional sofa, careful that Mia did
not jump on the board and ruin everything at the best part. And above all the
swimming pool, where they had spent every morning of the week alternating
between taking a dip to and reviewing their statistics notes.
On the last night of their holiday, with his head resting on the pillow,
Pier thought that each of those rooms had its own harmony, capable
of perfectly matching the moods of those who lived there. Closing
his eyes, he had convinced himself that there was no better place
for his mother to build her new future.
A whole week to themselves
Una settimana intera. Una casa tutta per loro. Quando il nuovo compagno
di sua madre era partito per l’Argentina, si era offerto di lasciargli le chiavi
della sua abitazione, con l’unico impegno di prendersi cura di Mia, la gatta
che aveva adottato da qualche anno.
Appena arrivati avevano posato le valigie a terra. Pier si era fermato
sull’uscio, come interdetto, mentre i suoi amici avevano cominciato
ad esplorare l’appartamento. Poteva sentire le loro voci riempire i
corridoi e risuonare euforiche da una camera all’altra.
Destata da quei rumori, Mia l’aveva raggiunto all’ingresso e aveva
iniziato a strofinarsi ruffiana sulle sue gambe. Dopo averla accarezzata,
Pier l’aveva presa in braccio. Solo in quel momento si era sentito in
diritto di entrare.
La casa era stata accogliente con loro. Avevano trovato il luogo adatto ad
ogni attività: i pranzi con spaghetti e pomodorini freschi, seduti sui quattro
sgabelli della cucina, ridendo limpidi degli ultimi mesi di università; gli amari
ghiacciati bevuti nel “salotto dell’arazzo”, come l’avevano soprannominato
loro; le partite a Risiko giocate sull’immenso divano angolare, attenti che
Mia non saltasse sul tabellone rovinando tutto sul più bello. E soprattutto
la piscina, dove avevano trascorso tutte le mattine della settimana, tra un
bagno e le pagine di statistica da ripassare.
L’ultima notte della loro vacanza, con la testa appoggiata sul cuscino,
Pier aveva pensato che ognuna di quelle stanze avesse un’armonia
propria, capace di accordarsi perfettamente agli stati d’animo di chi
le abitava. Chiudendo gli occhi, si era convinto che per sua madre
non potesse esistere posto migliore dove costruirsi un nuovo futuro.
Una settimana tutta per loro
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