STORIE DI CASE
Chapter N. 2
When Elisa was alone, she often walked from room to room, stopping to
observe the paintings and sculptures with which they had decorated
the house. From time to time she enjoyed pulling Enzo Mari’s wooden
animals out of the box, dumping them out on the carpet and finding new
arrangements between bedside tables and shelves, letting her husband
discover them among the catalogs in the living room or next to one of the
works of art they had collected over the years.
That afternoon, after closing the door behind him, Matteo found
her in front of the computer, sitting in the wine-colored chair at
the table facing the window. She always sat there when she had to
work, as if the unraveling of the hills that opened before her eyes
helped her to concentrate better.
He kissed her on the neck, slightly brushing her hair aside. She greeted
him carelessly, barely looking up from the screen. A moment later
she got up and went to curl up on the sofa. He set his bag down on
the ground and went to her, asking if everything was all right.
“I looked at the location of the exhibition in September, and we should
review the layout of some rooms” she huffed, turning on the TV.
“Don’t worry about it now. There are more than three months until then. We will
find a solution,” Matteo reassured her as the orange rays of the sun began to
reflect on the composition of paintings behind their heads. He then went to
the kitchen and returned with two glasses of white wine in his hand.
“Do we have something to toast to that I don’t know about?” she asked in
amazement. “It’s a surprise,” he smiled, looking out the windows, letting the
clink of glasses echo through the walls of the house.
The light of the sunset
Quando Elisa era da sola passeggiava spesso tra le stanze, fermandosi ad
osservare i quadri e le sculture con cui avevano arredato casa. Di tanto in
tanto si divertiva a tirare fuori dalla scatola gli animali in legno di Enzo Mari,
rovesciarli sul tappeto e trovarne nuove disposizioni tra comodini e mensole,
lasciando che fosse suo marito a scoprirli tra i cataloghi del salotto o accanto
a una delle opere d’arte che avevano collezionato nel corso degli anni.
Quel pomeriggio, dopo essersi chiuso la porta alle spalle, Matteo
l’aveva trovata davanti al computer, seduta sulla sedia color vinaccia
del tavolo affacciato alla vetrata. Si metteva sempre lì, quando doveva
lavorare, come se il dipanarsi delle colline che le si aprivano davanti
agli occhi l’aiutasse a concentrarsi meglio.
L’aveva baciata sul collo, scostandole leggermente i capelli. Lei si
era limitata a salutarlo senza attenzione, sollevando a malapena gli
occhi dallo schermo. Un attimo dopo si era alzata ed era andata a
rannicchiarsi sul divano. Lui aveva posato la borsa a terra e l’aveva
raggiunta, domandandole se andasse tutto bene.
“Ho dato un occhio alla location della mostra di settembre, dovremmo
rivedere la disposizione di qualche sala” aveva sbuffato accendendo la tv.
“Ora non ci pensare, mancano più di tre mesi, troveremo una soluzione”
l’aveva tranquillizzata Matteo mentre i raggi arancioni del sole cominciavano
a riflettersi sulla composizione di quadri dietro le loro teste.
Era andato in cucina, poi, ed era tornato con due calici di vino bianco in mano.
“Dobbiamo brindare a qualcosa che non so?” aveva domandato lei stupita.
“È una sorpresa…” aveva sorriso lui guardando oltre le vetrate, lasciando
che il tintinnio dei bicchieri si propagasse tra le pareti della casa.
La luce del tramonto
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