Foscarini — Vite
009
Ho iniziato a fotografare che ero già adulto.
È successo per caso, a New York, nel
2008. Alex la ricorda bene quell’estate, ero
arrivato dal nulla, senza preavviso, per
perdermi nel tempo magnifico della prima
consapevolezza d’essere uomo e lui, che
m’era stato amico già nell’infanzia,
lontanissimo da lì, mi aveva prestato una
macchina fotografica per guardare meglio
il mondo, o per guardarlo ancora, dopo
averlo attraversato.
È stata l’ultima estate da ragazzo e,
assieme, la prima da adulto. L’unica, fin lì,
lontana dal mare.
Ricordo bene la mia prima foto. Ero
a Jamaica, nel Queens, una donna di colore,
madre di una madre, fianchi larghi come le
sue spalle, entrava in casa con le buste della
spesa, mentre un bambino le teneva la porta.
E si scorgevano poche cose di dentro, ma
tanto bastava a farmi immaginare la sua vita.
Un poster di Obama, le gambe di un uomo,
un crocifisso, e un telefono a parete.
Non sapevo nulla di fotografia, e quella
foto lo diceva. Ma mi diceva anche cosa stavo
cercando nel mondo.
Quell’estate ho capito alcune cose di
me e della fotografia che continuano ad
essere centrali: che la fotografia, per me,
non era cogliere l’attimo ma saperlo
attendere, che non volevo registrare lo
sguardo, ma il sentire. E poi, che un buon
amico, sa prima di te il valore che ti porti
dentro. Allora è stato Alex, a saperlo. In
questi anni è stato Carlo. Il sign. Foscarini
come lo chiama chi amico non gli è.
It happened by chance, in New York,
in 2008. Alex remembers that summer well.
I had arrived out of nowhere, without warning,
to get lost in the magnificent time of initial
awareness of being a man, and he – a friend
since childhood, very far away – had lent me
a camera for a better look at the world, and
then a closer look after having explored it.
It was the last summer of youth and at
the same time the first one of adulthood. The
only one, until then, spent away from the sea.
I remember my first photo very clearly.
It was in Jamaica, Queens, a black woman,
mother of a mother, wide hips and shoulders,
entered a house with grocery bags, while a
boy held the door for her. You could glimpse
but a few things inside, but it was enough to
enable me to imagine her life. A poster of
Obama, the legs of a man, a crucifix, and a
telephone on the wall.
I knew nothing about photography, and
that photo made it clear. But it also told me
what I was seeking in the world.
That summer I understood some things
about myself and photography, things that
are still central factors: that photography,
for me, was not catching the instant, but
knowing how to wait. I understood that I did
not want to record the gaze, but the feeling.
And then that a good friend knows the value
you have inside, even before you do. Back
then it was Alex, who knew. In these years,
it has been Carlo. Signor Foscarini, as he is
called by those who are not his friends.
Gianluca Vassallo
Fotografo / Photographer
Ho iniziato a fotografare
che ero già adulto.
I began taking photographs
when I was already an adult.