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Mastery
che l’Italia è chiamata a sviluppare una
specifica idea di valore. Per molti anni
le imprese italiane hanno guardato ai
produttori tedeschi come al punto di
riferimento rispetto a un’idea di qualità
intesa come rispetto di standard tecnici
cui adeguarsi in modo rigoroso. Per molti
produttori italiani del settore quello
standard operativo è ormai un obiettivo
raggiunto. Alla fiera del mobile di Colonia
il prodotto Made in Italy non ha più
particolari timori reverenziali. Il tema è che
l’azienda italiana è chiamata a esprimere
qualcosa in più. È chiamata a promuovere
oggetti di qualità superiore in grado di
trasferire un’emozione, di comunicare il
valore culturale del saper fare, di innescare
empatia con stili di vita e modelli sociali.
Come superare un’idea di qualità
intesa come standardizzazione per
promuovere un progetto di qualità inteso
come innesco di nuove relazioni sociali e
culturali? Il dibattito non è nuovo. Parte di
questi temi fanno parte di quella riflessione
che più di un secolo fa è stata promossa
dal movimento Arts and Craft alla fine
dell’‘800 e che ha saputo attraversare in
modo più o meno visibile tutto il secolo
scorso. John Ruskin e William Morris
hanno sempre immaginato che l’idea
di qualità non si limitasse al rispetto di
semplici parametri esecutivi, ma che
avesse a che fare con la valorizzazione
della soggettività del produttore, con
la possibilità di creare un collegamento
vivo e intenso con la sensibilità e con la
cultura di chi ha prodotto un determinato
manufatto. L’apprendista scultore al lavoro
nel cantiere della cattedrale gotica con
il suo segno nella finitura di un gargoyle
lasciava una traccia personale del suo
impegno in un grande progetto collettivo.
Quando guardiamo quelle cattedrali
rivediamo un popolo in movimento, un
insieme di vite che partecipano a uno
sforzo che supera il valore dei singoli e
che comunque li contiene e li rispetta.
new social and cultural relationships? The
debate is far from new. Some of these
themes are part of the reflections proposed
over a century ago by the Arts and
Craft movement at the end of the 1800s,
reflections that crossed the entire 20th
century in a more or less visible way. John
Ruskin and William Morris always imagined
that the idea of quality would not be limited
to compliance with mere parameters of
execution, but would also have to do with
bringing out the value of the subjectivity of
the maker, with the possibility of creating a
living, intense connection to the sensibility
and culture of the producer of a given
artefact. The apprentice sculptor at work on
the construction site of a Gothic cathedral,
with his touch in the finishing of a gargoyle,
left a personal trail of his commitment to
a major collective project. When we look
at those cathedrals we can again see a
people in motion, a set of lives taking part
in an effort that goes beyond the value
of individuals while at the same time it
contains them and respects them. Likewise,
Italian manufacturing ought to bear witness
to the flair and ability of making: a lamp,
a wardrobe, a kitchen. The entire chain
has to be able to absorb and convey the
signs of this expressive ability, bringing
them to the market in understandable form.
The designer, in particular, has the task
of leaving a margin of expressive quality
without letting it threaten the overall
framework of the production of an object
of high quality.
This demand for quality has become a
distinctive aspect of products in other fields
as well. In the world of fashion and luxury,
the appeal of craftsmanship represents
a tool to justify often daunting prices.
Major luxury brands have learned how to
communicate the specific forms of expertise
that lie behind their production. In this
way, they have stimulated new interest in
artisanal work, and they have contributed
to reconsideration of its economic and
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Maestrie