Artista poliedrico, classe 1974,
Gianluca Vassallo opera a San Teodoro,
in Sardegna, e nel mondo. La sua
ricerca, che si esprime attraverso
video, audio, fotografia e installazioni,
si focalizza sugli aspetti relazionali (tra
persone, oggetti, spazi) e sui processi
(creativi, produttivi), utilizzando
l’empatia e la leggerezza come strumenti
primari di indagine.
Di fianco alla produzione artistica
personale, Vassallo ha intrapreso con il
suo White Box Studio, un percorso che
porta le aziende del design industriale,
della moda, dell’editoria e alcune
istituzioni culturali a trasformare le
attività di comunicazione in occasioni
per indagare la complessità.
Per Foscarini, Gianluca Vassallo ha
realizzato i progetti: Twice Light (2015),
Fare Luce (2017) Maestrie (2017), Vite
(2020).
Con Notturno gli oggetti di scena
erano le lampade di Ferruccio Laviani.
Qual è il modo migliore di raccontare
un oggetto?
GV: “Il modo migliore di raccontare
un oggetto è viverlo, usarlo, sentirlo.
È l’intimità, soprattutto quella che si
costruisce nel tempo, che permette di
indagare i diversi strati semantici delle
cose. Vale per tutto ma in particolare per
gli oggetti più pensati e progettati, che
hanno già in sé un imprint narrativo”.
Anche tu racconti gli oggetti
vivendoli? È successo così anche per
Notturno Laviani?
GV: “Anche io cerco l’intimità con
gli oggetti. Però il mio punto di partenza
creativo è sempre la luce, anche quando
devo parlare di un oggetto. Penso a un
immaginario di luce che mi affascina:
appoggiando gli oggetti su questa
memoria di luce, diventano parte di un
racconto atmosferico. È così che ho
costruito Notturno Laviani”.
Cos’è esattamente Notturno Laviani?
GV: “Notturno Laviani è un
progetto artistico nato per celebrare la
collaborazione trentennale tra Ferruccio
Laviani e Foscarini e costruito intorno
a una particolare idea di luce.
Si compone di più episodi progettati
intorno alle lampade disegnate da
Laviani durante questi tre decenni.
Ogni lampada è presentata con due
scatti: uno in un interno e uno in
un esterno.
La narrazione però non è didascalica.
Le lampade, infatti, non sono nel loro
habitat naturale – gli interni di casa –
ma in contesti alieni, costruiti intorno
a un unico immaginario di luce.
Non location ma ambienti significali in
cui la distanza tra l’oggetto e il contesto
è stata appositamente cercata per
moltiplicare il senso e stimolare le
interpretazioni intorno a quell’unico
immaginario di luce che è il filo rosso
del progetto”.
Di che immaginario di luce stiamo
parlando?
GV: “C’è una canzone - Una Notte In
Italia di Ivano Fossati – che con i suoni
e le parole racconta una luce molto
particolare: intima e pubblica insieme.
050
Gianluca
Vassallo
Una luce tipicamente nostra, italiana,
che fa parte della memoria collettiva
ma che ognuno interpreta in modo
personale. In questo senso, questa luce
è come un’opera d’arte, universale e
individuale insieme, aperta alle letture
di sguardi diversi”.
In che modo questa luce si lega a
Ferruccio Laviani e al suo lavoro?
GV: “Quando mi hanno chiesto di
raccontare i 30 anni di collaborazione
tra Foscarini e Laviani, ho riflettuto
sull’uomo dietro il progettista: una
persona pubblica che produce oggetti
spesso esuberanti che abitano
nelle case di tantissime persone.
Ma, allo stesso tempo, un individuo
profondamente intimista, quasi ritroso
quando deve raccontare quello che lo
guida nell’atto creativo.
Questa doppia anima di Ferruccio
Laviani mi ha fatto pensare a una luce
particolare: quella che da sempre
immagino ascoltando la canzone
di Fossati”.
In che senso parli di ritrosia?
GV: “Quando si parla con Laviani
si percepisce in lui una sorta di difficoltà
nell’applicare un linguaggio alle cose e
portare un gesto che per lui è istintivo
in uno spazio razionale.
Per sua stessa ammissione, quello
che lo muove non è tanto arrivare alla
migliore luce possibile ma la necessità
– non riesco a trovare un altro
termine – di trasferire una parte del
suo immaginario nella vita degli altri.
E l’operazione viene considerata
riuscita quando il pubblico partecipa
a quell’immaginario attraverso la sua
interpretazione”.
Non è un po’ quello che fanno
gli artisti?
GV: “Sicuramente è quello che
fa chi, con il suo lavoro, vuole portare
significato nella vita altrui e creare la
possibilità di restituire quel senso in
un’altra forma. In questo modo di essere
c’è anche una presa di coscienza di
responsabilità: la consapevolezza che
qualsiasi cosa interviene nel nostro
quotidiano ha un impatto sulla qualità
della vita del mondo. Il design di Laviani
non è un atto di vanità ma di necessità.
In questo senso sì, forse assomiglia
molto all’arte”.
Cosa c’è di Foscarini in questo
progetto?
GV: “Come sempre, una volta
definito il tema di un progetto, Foscarini
mi lascia totalmente indipendente nel
suo sviluppo perché capisce il senso
del valore di uno sguardo che spazia.
In questo senso, nella totale libertà
interpretativa e creativa, Notturno
Laviani è un progetto che riflette al
cento per cento l’anima del marchio
che lo ha reso possibile.”
051
Notturno
Laviani