IN CONVERSAZIONE
CON FERRUCCIO LAVIANI.
L’architetto-designer racconta
la sua trentennale collaborazione
con Foscarini e le sue impressioni
sul progetto Notturno Laviani.
testo di / text by
Laura Traldi
016
Foscarini
— Design stories.
Carlo Urbinati,
Ferruccio Laviani
– Foscarini Spazio
Monforte, “Lights and
delights in the Garden
of Eden” Installation,
June 2022.
Se dovessi raccontare la
collaborazione con Foscarini con un
aggettivo, quale sceglieresti?
FL: “Ne userei due: proficua
e libera. La prima parola ha un sapore
pecuniario ma non va intesa in questo
senso, o meglio non solo. Il fatto che
quasi tutte le lampade che ho disegnato
per Foscarini siano ancora a catalogo
è un’ottima notizia sia per il mio
studio che per l’azienda.
Ma la definisco proficua soprattutto
perché aver disegnato oggetti che,
a distanza di 30 anni, la gente ancora
apprezza è un enorme sollievo per un
progettista: è la conferma che quello
che fa ha un senso.
C’è poi il tema della libertà creativa.
Foscarini mi ha permesso di muovermi
con estrema indipendenza espressiva
dal prodotto agli spazi, senza mai
imporre paletti di nessun tipo.
È cosa veramente rara e preziosa”.
Come mai, secondo te, siete arrivati
a questa libertà espressiva e creativa?
FL: “Penso sia parte del modo
di essere delle persone coinvolte.
Se un progettista si guadagna la sua
fiducia, Foscarini risponde lasciando
una libertà di espressione totale.
Sono coscienti del fatto che è il modo
migliore di ottenere il massimo dalla
collaborazione, per entrambe le parti.
Ovviamente una volta constatato che
al lavoro “di pancia” segue poi anche
quello “di testa”. Nel mio caso Orbital
è stata la scommessa iniziale: una
lampada dall’estetica così connotata
sarebbe piaciuta? Avrebbe resistito al
test del tempo? La risposta del pubblico
è stata affermativa e, da quel momento,
il nostro sodalizio è sempre stato
all’insegna della massima libertà”.
Cosa significa questa libertà per
un designer?
FL: “Dà la possibilità di sondare
diverse sfaccettature del possibile.
Per una persona come me, che non
si è mai identificato in uno stile o un
particolare tipo di gusto ma si innamora
periodicamente di sapori, atmosfere,
decori sempre diversi, questa libertà
è fondamentale perché mi permette di
esprimermi. Non ho pretese artistiche
e sono ben conscio che quello che
faccio è produzione: oggetti di serie
che devono avere una funzione ben
chiara e assolverla al meglio.
Di fianco a queste considerazioni
razionali, però, quello che mi agita
nell’atto creativo è il desiderio.
La voglia, quasi incontenibile, di dar vita
a un oggetto che non c’è: qualcosa che
vorrei avere come parte della mia vita”.
Come sono questi oggetti che desideri
e quindi progetti?
017
30 years
of Orbital