Da dove cominciare, per dire tutto il bene dell’artista Mario Ceroli e della sua sorpren-
dente vitalità visiva, che distende una variopinta luce sullo spazio quando proietta sago-
me e profili, ricavando volumi col senso della proporzione e della misura, nell’ incanto
equilibrato delle forme? Dal suo amore inaudito della vita come arte,e dalla volontà di
essere un artista in ogni passaggio della esistenza. Potrebbe essere questo il segreto
originario, nemmeno tanto indecifrabile, del fiume di immagini che scorre dalla vena
sempre aperta di quel forziere emotivo. Guadagnare per mezzo della fantasìa il flusso
palpitante dell’universo: ecco l’aspirazione che distingue l’artista in ogni passaggio della
sua attività.
Il mobilio e l’arredo che nasce dalla mano plasticatrice è così il risultato sintetico di
accoppiamenti tanto felici quanto imprevedibili: modernità e tradizione, funzione e
forma simbolica, praticità e irretribuibile gratificazione estetica.
Il suo modello estetico non proviene dalla cultura del progetto:e tuttavia rappresenta
uno stile esemplare perché associa i tratti della orignalità creativa all’alta qualità del
prodotto industriale. Ceroli è un ideatore di largo respiro. Egli è uno dei rari artisti ita-
liani contemporanei che fanno scuola a sé. E’ lui che detta le regole dell’espressione,
superando di istinto i limiti imbalsamati delle correnti e delle convenzioni estetiche.E per
questo è un autore che merita il titolo di “maestro”. Maturato durante una delle stagio-
ni più felici dell’arte contemporanea italiana -la Roma degli anni Sessanta, della galleria
La Tartaruga, di piazza del Popolo, di Schifano, Angeli e Festa - Ceroli ha saputo più di
ogni altro distillare visivamente la estetica allora emergente (la pop art) con la presenza
della tradizione.La sua ironia partecipa del classico tanto quanto dell’incanto metafisico
e della segnaletica pubblicitaria della civiltà industriale. Ma se questa miscela produce
meraviglia, è perché la sua opera ha la virtù di manifestarsi come un evento naturale: si
impone per gentilezza e magniloquenza, per un elegante fraseggio delle risonanze, e
per la spiritosa armonia di un immaginario semplice e veritiero, come si conviene alla
spontaneità italiana che associa l’ antico al moderno, e fa incontrare la cultura con la vita.
E’ per dire tutto il bene di Mario Ceroli in quanto artista è indispensabile pensare la sua
opera come tentativo di prolungare un sogno fatto ad occhi aperti e realizzato prima di
tutto nel recinto del sentimento più intimo e privato. Penso alla casa, allo studio dove
egli lavora, alla sua abitazione concepita come museo o pure mausoleo, ma anche
officina,centro di antica manifattura artigiana, con la cucina grande e centrale, l’immen-
so salotto, e le zone di riposo più appartate, discrete. Vi si accede con la gioia primaria
di un risveglio nel bel mezzo di mirabili scenari: una favola narrata per figure occupa
l’ambiente, catturando lo sguardo degli ospiti ammutoliti di fronte allo spettacolo di una
lussureggiante fioritura di poesia visiva.
Mario Ceroli scultore, architetto, disegnatore, pittore, scenografo, e artista del compor-
tamento: sono definizioni e passaggi di una medesima virtù espressiva che solo per gradi
si avvicina al nucleo incandescente di una figuratività paragonata dall’artista al “diavo-
lo” per amore di metafora. Da quel magma visionario e ribollente di inesauribili capaci-
ta inventive proprio come “il diavolo” - una ne fa, cento ne pensa - noi ricaviamo un
trionfo di ricamate geometrie, parabole ornamentali, e stilemi organizzati come il taglio
di un cristallo.
Il segreto estetico di Ceroli si rivela nel semplice che è difficile a farsi. Egli è capace di
scoprire il bello nel dato elementare: estrae la musica interna alla materia, varia un
caleidoscopio biologico nello scorrere di minerali, essenze organiche, figure umane od
animali, sentimenti, simboli e tracce di passioni a pena a pena consumate. Lo sguardo
di Ceroli è molto umano e pure come la Medusa egli pietrifica l’immagine di ciò che ama
per impedirgli di fuggire. Con la medesima lucidità l’artista popola lo spazio come un
luogo in cui accampare i suoi scintillanti attestati d’amore: profili di amici e di donne
amate che diventano quinte di un interno, femmine stilizzate al modo di reclinanti lam-
padari, occhi d’amore che guizzano sul piano di in un tavolo intarsiato, cuspidi del desi-
derio che s’innalzano a contornare un baldacchino.
L’opera di Ceroli abita lo spazio e al tempo stesso lo genera visivamente suggerendo
dimensioni imprevedibili. Egli vive e fa vivere anche gli altri immergendoli nel pneuma
visivo della sua arte. Non si potrebbe immaginare un oggetto concepito dal suo sguardo
e realizzato senza pensare al rivestimento di un ambiente, ad un luogo segnato dai modi
espressivi della architettura. Piazza, teatro, parco, stadio, aereoporto, sono sinonimi di
una coralità molto moderna che l’artista evoca e commenta nel plasticare e vi imprime
una emozionante singolarità: là dove la moltitudine è omologata dal flusso della comu-
nicazione, Ceroli traccia un segno indelebile, una impronta capace di farsi riconoscere
da tutti in una sorta di abbraccio ecclesiale. E’ la vocazione innata alla classicità che per
talento enuncia l’esigenza di una forma ecumenica ed universale.
Nasce di qui la disponibilità alle euritmie diverse che assorbono la vita delle forme in una
composizione di meraviglioso equilibrio. Quando osservo le poltrone a spalliera alta che
poggiano sulla base digradante a tavole inclinate, penso ai ritratti visibili e invisibili su
cui Giorgio De Chirico immortalava parenti, amici ed altre figure del suo misterioso spet-
tacolo dipinto. Ceroli ha visto il mistero di De Chirico e lo ha rivissuto fissandolo nei legni
di cui conosce perfino la più intima fibra. E così le poltrone mostrano l’anima loro meta-
fisica come fossero dotate di quell’occhio magico che pure il”pictor optimus” sentiva
palpitare dietro ogni oggetto inanimato.
Ceroli è metafisico nello spirito almeno tanto quanto è classico nel formare.Per questo
egli ha sempre giocato con gli elementi primari e poveri (terra, legno, vetro) tenendo
fermo all’ amore della forma, implicita nella natura, che soltanto un’ arte sapiente e
coltivata può rendere visibile.
Come un paguro, un animale bivalve di mare,un nautilus, o pure una chiocciola, Ceroli
ha bisogno di realizzare da sé l’ambiente dove vivere la sua vita potenziandola e proteg
gendola. Ma la perla che egli quotidianamente secerne non si chiude nell’intimo della
IL SOFFIO DEL MERAVIGLIOSO
di Duccio Trombadori
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