BLUE NOTE 15° ANNIVERSARIO
Milano 2018
ROXY BAR
Teatro Ariston, Sanremo 2018
LA LUCE DEL ROCK!
Marco Lodola ha fallito la sua missione nella vita.
Prima di nascere si era prefisso di diventare un
grande musicista, con tanti ragazzi che avrebbero
vibrato sulle onde della sua musica. Invece si deve
accontentare di essere un artista che ha creato solo
un suo stile unico.
Oh, ci ha provato a salire su palcoscenici per esibirsi.
Mi è toccato di ospitarlo anche a Help, come “gruppo
emergente”?!? Me lo aveva raccomandato Omar
Pedrini dei Timoria: “È straordinario!” - Chi, Lodola
come musicista? “No, il fatto che un grande artista
si metta in gioco!” Per fortuna, Lodola a Help ci è
venuto poi come artista. E anche al Roxy Bar. Nella
scenografia ci sono tre sue opere, bellissime in tutti
i loro colori luminosi. Ho sempre amato mescolare
la musica ad altre forme artistiche.
Tutto iniziò con Jovanotti, che dipinse una tromba
da vendere per raccogliere un po’ di soldini da
mandare a bambini africani in un collegio di
Galeata.
Realizzammo quasi sei milioni. Da allora ho chiesto
a tanti cantanti e musicisti di dipingere: Marina Rei,
Max Gazzè, Edoardo Bennato, Ivan Cattaneo, Paola
Turci, Andy, Elisa, Skunk Anansie, Reggae National
Tickets, Alisha’s Attic e Omar Pedrini. Quest’ultimo,
però, non sa dipingere e allora mi ha portato Marco
Lodola, la sua estensione nel mondo dell’arte.
Senza rendersi conto di essere diventato lui la
proiezione di Marco nel mondo del rock. Lodola
realizza le copertine dei dischi dei Timoria o le
scenografie per gli 883 perchè crede veramente di
lavorare per il proprio disco o per il tour che sta per
iniziare. Qualcuno dovrebbe fargli capire che deve
continuare in quello che è diventato il suo cammino
e lasciar perdere sogni di gloria rock. Ma forse è
meglio lasciarlo dentro questa grande illusione che
lo spinge a fare opere che hanno le luci e i colori del
rock.
Lodola ha anche allargato il suo raggio di
penetrazione nel mondo musicale.
All’inizio c’è stata la naturale simbiosi con i Timoria,
grazie soprattutto ad un artista sensibile come
Omar, responsabile anche della rassegna artistica
e musicale di Brescia, Brescia Music Art. Poi è
arrivato Andy dei Bluvertigo, una grande persona.
Dietro le sue parvenze e i tratti dei suoi dipinti,
altamente tecnologici, si nasconde un cuore i cui
battiti hanno ben poco a che fare con il pulsare
metallico dei Kraftwerk.
Anche se la sua persona e le sue opere sono
focalizzate sugli occhi, incorniciati dal trucco o
colpiti dalla fluorescenza di colori puliti dentro
disegni armonici.
C’è solo una cosa che non mi piace in tutte queste
operazioni: l’uso della parola “contaminazione”.
Come se la fusione di varie forme d’arte fosse una
“cosa” maledetta, quasi un virus. Ma forse lo è.
È un virus molto potente. Abbatte paraocchi
che delimitano la visione dei mondi e che non
permettono la comunicazione.
Impediscono, così, l’unione di forme di espressione
che sfuggono la falsa sicurezza di un sistema
basato su: “Vale ciò che fa realizzare denaro e porta
potere”.
Però
al
termine “contaminazione”
preferisco
“fusione”.
Ho visto Jovanotti dipingere il pavimento di un suo
tour. Era meraviglioso come si fondeva con i colori,
diventava lui stesso un’opera d’arte. Raccontava
che si ritorna bambini.
Senti la libertà anche di imbrattarti con la luce
dei colori. Ah, dimenticavo: non ho capito cosa
significa “Sinestesie” e mi guardo bene dal chiederlo
a Lodola.
Tanto so che anche il titolo è un’elucubrazione
mentale che mimetizza il vero suo obiettivo:
continuare a sporcarsi le dita con la luce del rock!
Red Ronnie
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