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fin da subito come un unicum nel pano-
rama delle Arti Applicate del XX° secolo.
PIETRO CHIESA
Discendente da un’illustre famiglia tici-
nese di artisti, Pietro Chiesa fonda a Mi-
lano nel 1921 – dopo un periodo di ap-
prendistato presso i più rinomati artisti
ebanisti e decoratori milanesi – una pro-
pria bottega per la lavorazione del vetro,
un’impresa aperta alla collaborazione con architetti e ar-
tisti: la “Bottega di Pietro Chiesa S.A.”. Nel 1923, l’idea
di promuovere le arti applicate lo spinge ad associarsi con
Gio Ponti, Tomaso Buzzi, Emilio
Lancia, Michele Marelli, Paolo
Venini e Carla Visconti di Mo-
drone per fondare l’associazione
artistica “Il Labirinto”.
Chiesa è particolarmente abile
nella produzione di vetrate ar-
tistiche, nel 1925 produce per
Gustavo Pulitzer le vetrate per i
transatlantici di lusso Saturnia,
Vulcania, Conte Grande e Conte
di Savoia. Nel 1929 produce per
Gabriele D’Annunzio le vetra-
te del Vittoriale. In questi anni
Chiesa esplora nuove tecniche di
Ritratto di Pietro Chiesa, 1942 / Pietro Chiesa, “pezzi di cristallo interamente scolpiti”,
Domus 149, 1940
lavorazione del vetro e si specializza nella produzioni di
vetri opacizzati o acidati, con un “virtuosismo di ingegno-
sità” che lo porterà a promuovere “la modernità più auda-
ce nella tecnica vetraria” come scrive Ponti. Intanto Chie-
sa espone all’Exposition des Arts Décoratifs di Parigi del
1925 e alle esposizioni di Colonia e Barcellona. Nel 1930
partecipa alla IV Triennale a Monza dove espone vetrate
e specchi in vetro sabbiato. Nel 1932 reduce dalla XVIII
Biennale di Venezia, accetta di diventare partner della Lu-
igi Fontana & C., e di fondere la sua bottega in una nuova
impresa per dar vita a FontanaArte di cui assume la di-
rezione artistica: insieme a Gio Ponti fino al 1935 quando
diventa direttore unico. La FontanaArte offre a Chiesa
il territorio di libertà per dar corso a quella “esuberanza
della facoltà di fantasia creati-
va” di cui scrive Ponti, la stessa
“che gli ha concesso esplorazio-
ni formali romantiche ed evoca-
tive, e di affrontare... complica-
ti virtuosismi di ingegnosità...
estremismi formali... accosta-
menti delicati” come aggiunge
l’amico pigmalione.
Negli anni della sua direzione
artistica Chiesa collaborerà con
artisti notevoli (da Mario Siro-
ni a Saul Steinberg) e proget-
Saul Steinberg, schizzi per decorazioni su lastra di cristallo
PIETRO CHIESA Hailing from an illustrious family of artists from Canton Ticino, Switzerland, Pietro Chiesa
cut his teeth as an apprentice to the most renowned cabinet makers and decorators in Milan. In 1921 he
opened his own glass-working shop, the Bottega di Pietro Chiesa S.A., working closely with artists and
architects. In 1923, the idea of promoting applied arts led him to Gio Ponti, Tomaso Buzzi, Emilio Lancia,
Michele Marelli, Paolo Venini, and Carla Visconti di Modrone, with whom he established the art association
“Il Labirinto”.
Chiesa was particularly skilled in the production of artistic windows. In 1925 he crafted the stained glass
partitions for the luxury ocean liners Saturnia, Vulcania, Conte Grande, and Conte di Savoia. In 1929, he was
commissioned by Gabriele D’Annunzio to create the stained glass windows for the Vittoriale on Lake Garda.
Chiesa explored new glass-working techniques in these years and specialised in the production of opaque
and etched glass, exhibiting “virtuoso feats of ingenuity” that would lead him to promote “the most auda-
cious modernity in glass-working technique”, as Ponti would write. In the meantime, Chiesa took part in the
1925 Exposition des Arts Décoratifs in Paris and exhibitions in Cologne and Barcelona. In 1930 he was at the
IV Triennale of Monza, exhibiting mirrors and glass partitions in sandblasted glass. In 1932, returning from
the XVIII Venice Biennale, he accepted the invitation to become a partner in Luigi Fontana & C. and to merge
his workshop into the new enterprise, creating FontanaArte. He shared the position of art director with Gio
Ponti until 1935, then becoming sole director. FontanaArte gave Chiesa free range to bring out the “exuber-
ance of the faculty of creative imagination” that Ponti wrote about, the same “that allowed him romantic
and evocative explorations of form and forays into … complex and virtuoso feats of ingenuity … extreme
expressions of form … delicate juxtapositions.” In the years under his artistic direction, he designed roughly