La forma come struttura del possibile: una storia.
Metamorphosis
106. 107.
Note
Premessa alle note:
Sono di seguito riportate
le dichiarazioni degli
artisti coinvolti,
riguardo al loro modo
di intendere il concetto
di metamorfosi nella
formulazione dell’opera.
1. Dragana Sapanjoš
Accendere i fari
fendinebbia e guidare con
prudenza. Accelerando
fuori dalla noia della
strada che si allunga
all’infinito di fronte: mi
auguro che, alla fine, una
cerva non salterà fuori
dalla nebbia del bosco,
alla massima velocità, ma
purtroppo prima o poi
succede ... prima o poi
si finisce per cucinare
qualcosa per cena che noi
(o qualcun altro per conto
nostro) abbiamo ucciso
per errore. Nel piacere
di assaporare quel piatto
di gnocchi fumanti, per
il quale abbiamo passato
ore e ore a preparare la
salsa, l’aggiunta di spezie
e aromi, schizzando i
muri di odori inebrianti,
cercando di dimenticare
e cercando di ignorare
la consapevolezza della
provenienza della carne
servita, risulta evidente la
capacità inimmaginabile
della coscienza umana
di cambiare... Osservo
gli opposti, si cade
in contraddizione
continuamente: la ragione
e la follia, il piacere e il
dolore, la conservazione
e l’autodistruzione.
Cerco di modellare ciò
che l’oscurità dell’essere
nasconde dietro ogni
facciata, e analizzo la vita
semplice in quanto tale,
che ha bisogno e fornisce
un riconoscimento
reale e non retorica
tra gli individui. Nella
convinzione che
la vita abbia bisogno di un
contatto vero e proprio,
al fine di continuare a
celebrare se stessa, getto
le fondamenta per la mia
ricerca.
2. Luca Pozzi
La serie 3D DETAiL oF:
il Dono del mantello,
da cui l’immagine
selezionata proviene, è
il risultato fotografico
dell’estrusione
tridimensionale di due
dettagli bidimensionali
dell’ omonimo affresco
eseguito da Giotto di
Bondone nella basilica
superiore di Assisi.
Si tratta della
riproposizione del
mantello double-face
oro-azzurro, eseguito
tra il 1290 e il 1299, sotto
forma di un sacco a pelo
(azzurro), offerto ai piedi
di una scultura di un
budda in oriente (oro) nel
2009.
La centralità di tale
operazione risiede
nella costruzione di un
sistema visivo complesso
e ricorsivo, che procede
per salti temporali a zig-
zag, in grado, attraverso
un atto fisico reale
di ricongiungimento
(viaggio-loop), di
costituire un incubatore
di dimensionalità
pittorica aumentata.
Da qui l’attinenza
stringente con il processo
metamorfico, il lavoro
offre un’analoga fase
transitoria di sostanziale
trasformazione
e potenziamento
esperienziale.
Il processo avviene
attraverso il passaggio
“dormiente-latente”
dell’operatore generativo
(artista-crisalide)
all’interno di un bozzolo
“dimensionale” (sacco a
pelo).
Un punto di vista interno
alla pittura che evidenzia
potenzialità come:
abitabilità, nomadismo,
polilocazione,
multiculturalità e
multidisciplinarità.
3. Luca Trevisani
L’indeterminatezza del
mondo materiale, e la
nostra esperienza delle
cose, ci spinge lontano
da ogni tipo di fissità,
di chiusure del cerchio.
Per il chimico, e per
uno scultore, non esiste
un lavoro ma esiste un
lavorio, un brusio che
ci accompagna mentre
guardiamo il mondo, che
lo smonta e lo rimonta,
persistente ed ipnotico.
Quello che conta è il
tentativo di far ballare
le cose, e noi con loro,
perchè solo quando
tutto balla all’unisono,
ecco che tutto si fonde
in una sola cosa. È
una reazione chimica
senza fine, sviluppata
ascoltando le leggi di
natura, celebrando
nuove versioni della
materia, dove i reagenti
si trasformano in anfibi,
in reti, in luoghi di
mediazione e traduzione.
Si tratta di vibrazioni,
di scosse, rumore,
non di realtà che si
compenetrano o di
sguardi che si ibridano,
ma realtà che si creano.
4. Christian Frosi
Presentare una forma ad
un’altra forma può essere
il preludio della loro
trasformazione dell’una
nell’altra?
Il mio lavoro è
costruito su continue
presentazioni, lasciando
poi che le due o tre forme
possano comunque
mantenere una distanza
di cortesia, e anche un
certo imbarazzo. Posso
dire quindi che nel
mio lavoro una forma
è molto vicino a quello
che possiamo definire
una personalità, che
contiene un pensiero e
un vissuto. Trovo difficile
che una persona possa
trasformarsi in un’altra,
ma nonostante questo,
trovo interessante tentare
di avvicinare quello che
della trasformazione può
essere forma. La scrittura
penso possa essere una
buona metafora di una
forma/storia in continua
trasformazione: Un
flusso estremamente
fitto e intenso di
possibilità, totalmente
libere e apparentemente
vulnerabili.
Mi ricordo un vecchio
cartone animato di cui
avevo già scritto, in cui
l’eroe buono era un robot
fatto di molte parti e
queste parti si riunivano
soltanto nel momento del
massimo pericolo. Con
l’avanzare delle puntate
e della storia, anche il
pubblico avanzava nella
sua esperienza di questa
apparizione e avanzando
negli episodi, il momento
dell’apparizione, per
continuare ad essere
interessante, diveniva
Tomás Saraceno
Airport City / Cloud City, 2010
50 x 100 x 60 cm, 9 moduli in betulla
Courtesy of the artist
and Lorenzo Lomonaco