potrebbero essere volti al fare arte (…).
I solidi sono particelle costruite attorno a
un flusso: sono illusioni oggettuali che
sostengono la struttura, una congiunzione
di superfici pronte per essere spaccate.
Rifiutando i ‘miracoli tecnologici’, l’artista
comincia a riconoscere i momenti
corrosi, gli stati carboniferi del pensiero,
la compressione del pantano mentale,
entro il caos tecnologico, ossia allo strato
di coscienza estetica”. Nel 1968 Giovanni
Anselmo realizza Senza titolo, dove ad
essere implicito è il cambiamento in atto
operato dalla natura, vulnerabilità
acquisita nella struttura dell’opera.
“L’energia che io trasmetto all’opera
compiendo un movimento di torsione,
e che accumulo sull’opera grazie al peso
del cemento o della barra di ferro fino al
momento in cui non mi stacco dall’opera
stessa, questa energia mi viene subito
restituita nel momento in cui asta o barra
esercitano una spinta reale”. Nel 1967
Robert Morris crea la serie Felt piece:
una striscia di feltro è tagliata in linee
geometriche fino a pochi centimetri dal
bordo superiore fissato alla parete da cui
la stoffa si trasporta morbidamente verso
il basso, segue lo spigolo e si adagia per
terra. Il feltro, come le corde di Hesse,
è materiale rivelatore di processo, anche
energetico (basti pensare a Beuys che lo
identifica quale materiale feticcio per
eccellenza). La gamma di tali materiali si
estende sino all’organico vero e proprio,
inteso come materiale di estrazione
terrestre oppure derivazione animale
(Richard Serra alla Galleria La Tartaruga
nel 1966 con animali vivi ed impagliati e
Jannis Kounellis all’Attico con dei cavalli
vivi nel 1967). Un’attenzione quasi
sensistica, una diversa rilevazione non
solo concettuale dell’opera, un grado
zero che permette anche all’iconografia
di riemergere quale fattore ricostituivo
dell’immaginazione. In questo senso
liminare è la riflessione attuata da
designer neo-organici, che riattualizzano
sotto una diversa intemperia la cifra di
Eero Saarinen e Charles Eames come Joe
Colombo, Verner Panton, Pierre Poulin,
Olivier Mourgue, mentre tre oggetti
riflettono la trasformazioni profonde
anche sociali di quegli anni. Si tratta di tre
organismi del 1969 come Boalum, di
Castiglioni e Frattini per Artemide, Sacco,
La forma come struttura del possibile: una storia.
Metamorphosis
074. 075.
Robert Smithson, spiral Jetty, 1969-70