Tropicalia Collection di Patricia
Urquiola, 2008
A destra, Patricia Urquiola
fotografata da Alessandro Paderni
Metamorphosis
036. 037.
“Dare corpo alle idee per creare un mondo”
di distanza dalla sua nascita, fortemente
legata a quella dell’azienda produttrice.
Darne una definizione sulla base della sua
funzione è assai difficile: è una seduta, ma
anche un piano d’appoggio e, a guardarlo
nella sua cristallina struttura di linee-
forza, di pieni e di vuoti, potrebbe essere
anche una scultura del nostro tempo.
Osorom rappresenta efficacemente
quelle che sono le convinzioni intellettuali
di Grcic, formatosi al Royal College di
Londra dove fu allievo di Jasper Morrison.
Rappresentante di quella generazione di
designers che avevano guardato agli anni
Ottanta con attenzione e curiosità
assumendone il meglio allo scopo di
trovare un nuovo modo di progettare
l’oggetto industriale, egli punta
ugualmente alla logica stringente quanto
alla libertà d’invenzione32. A sottolinearlo
è Grcic stesso che in un’intervista
rilasciata nel 1999 afferma apertamente
che ”funzionalità, pensiero razionale,
struttura sono concetti che ritengo molto
importanti, ma nello stesso tempo lavoro
per contraddire tutto questo.
Allora cerco di esprimere un’idea di
funzionalità che sia anche ironica, cerco
di costruire un sistema che sia anche un
po’ caotico, lavoro perché gli oggetti
funzionino in maniera ineccepibile ma
nello stesso tempo alludano a una totale
libertà d’uso”33. Stando sempre alle sue
dichiarazioni, il suo modo di progettare
risente anche dei contatti con Wolf
Vostell, esponente del gruppo Fluxus,
artista impegnato sul versante
dell’happening da cui Grcic avrebbe
mutuato la propria idea di progetto forte,
ma sul quale finiscono per innestarsi,
in maniera imprevedibile, una serie
di variabili che attribuiscono al risultato
raggiunto il fascino della sorpresa34.
Sotto certi aspetti, Osorom raffigura
visivamente tutto questo: il rigore della
struttura in tecnopolimero composito
stratificato, il libero gioco dei tasselli
geometrici, l’inaspettata visione di
possibili intersezioni di linee rette e curve
consentite dalla trasparenza della
concezione volumetrica.
I primi anni del terzo millennio
rappresentano per Moroso il definitivo
riconoscimento a livello internazionale:
nel 2003 la partecipazione alla Biennale
di Architettura di Venezia e la mostra
al Palais de Tokyo a Parigi contrappuntano
un successo che appare inarrestabile.
In questi anni si consolida la
collaborazione tra l’azienda friulana
e la designer Patricia Urquiola, iniziata
nel 1998. Originaria di Oviedo in Spagna,
Urquiola ha studiato architettura a Madrid
per completare in seguito il suo percorso
di studi al Politecnico di Milano, allieva
di Achille Castiglioni di cui sarà anche
assistente. Il suo punto di riferimento
rimane Bruno Munari ed è proprio
sul gioco delle forme e sulla loro ludica
interscambiabilità che lei costruisce
le sue creazioni. Nel 2003 il suo divano
Malmö e le poltroncine Fjord vengono
fotografate alla Biennale di Venezia,
mentre Highlands entra nel novero dei
pezzi esposti al parigino Palais de Tokyo.
Nel 2006 Urquiola crea per Moroso
la serie di sedute Antibodi che nel 2008 si
trasformeranno in Tropicalia grazie alla
lavorazione ad intreccio dei fili di plastica