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Anna Franceschini
m r s F r a n K e n s T e I n
F I N A L I S T
Il panorama contemporaneo è se-
gnato, in maniera ineludibile, dalla commi-
stione tra generi e ambiti culturali o di ri-
cerca differenti. Tutto è reso sincronico e
paritetico all’interno di un fluire circolare di
dati e nozioni in cui i parametri di valore or-
togonali di tipo moderno sono del tutto scom-
parsi. Questa condizione, declinata in ambito
artistico, pone da una parte davanti alla pos-
sibilità di un ampliamento dei potenziali
espressivi di ogni singolo artista, dall’altra
rende sempre più ardua un’analisi critica
verticale delle produzioni artistiche. Uno
strumento utile a creare un equilibrio tra
questi due aspetti, una chiave di lettura e
discernimento, può essere rintracciata nei
potenziali narrativi di una singola opera come
di un corpo di lavori più ampio e articolato,
indipendentemente dal linguaggio di volta
in volta utilizzato. È attraverso la narrazione
individuale che si veicolano valori e sguardi
inediti, è grazie ad essa che si costruiscono
nel tempo immaginari condivisi.
In questo senso è particolarmente significa-
tivo il percorso professionale di Anna Fran-
ceschini che negli anni, dalla formazione in
ambito cinematografico agli ultimi lavori di
carattere installativo, ha saputo sviluppare
un racconto personale profondo e coerente
in ognuna delle sue sfaccettature.
Una invidiabile conoscenza teorica e tecnica
del cinema le ha permesso di prendere le di-
stanze dall’appiattente egemonia della tec-
nologia HD, che contraddistingue il mondo
delle immagini in movimento da ormai quin-
dici anni, in favore dell’utilizzo di pellicole in
16 mm e di strumentazioni del secolo scorso
in fase di ripresa e di regia. Una scelta tecnica
con importanti ed evidenti ricadute estetiche
e di contenuto, ovvero la considerazione ra-
dicale degli strumenti come significanti attivi
del racconto finale e non come meri arnesi di
produzione. In termini percettivi, le immagini
che Anna inserisce nei sui film, possono essere
lette attraverso uno sguardo di tipo tattile,
come superfici calde e imperfette che lasciano
spazio ad analogie ed interpretazioni rispetto
al vissuto sensibile di ognuno e inducono ad
una netta distinzione tra il piano della rap-
presentazione e quello della realtà. Pur par-
tendo da soggetti ed ambienti reali ciò che
viene riportato sullo schermo è infatti del
tutto fictionale, ed è su questo aspetto che
fonda il carattere narrativo di ogni sua opera.
La realtà non è mai descritta di per sè, viene
invece usata, alterandola attraverso la mac-
china da presa e il montaggio conseguente,
al fine di creare suggestione ed empatia. Fi-
lologico quindi, rispetto alle immagini, il non
utilizzo dell’audio. Anche questo aspetto, che
molti potrebbero leggere come un deficit tec-
nologico è invece sfruttato per indurre ad una
lettura più concentrata delle immagini e del