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Lo stesso dinamismo guizzante ed
energico, avvalorato da una ri-
cerca cromatica, si ritrova nei di-
pinti dove l’immediatezza del
tratto si applica a iconografie più
complesse e meditate che spesso
mettono in scena la lotta tra il
Bene e il Male in un’eterna op-
posizione che esita dall’indivi-
duare il vincitore e il vinto. Tut-
tavia, le opere non alludono mai
a significati precisi né si colle-
gano alla realtà, configurandosi
come visioni allucinate, frutto di
stati d’animo e suggestioni pro-
venienti dalla vita quotidiana
piuttosto che rappresentazione
della stessa.
E in questi termini Canemorto
vince perché riesce a comunicare
con la gente, a scatenare reazioni
tra i passanti, a dare forma a un
malessere che è uno stato
d’animo soggettivo ma soprat-
tutto collettivo. Una relazione
con l’altro che è senso di appar-
tenenza, condivisione e accessi-
bilità, raggiunto diffondendo il
loro marchio con ogni mezzo,
comprese la stampa di fanzines,
l’ideazione di gadgets e la realiz-
zazione di video. La loro è un’arte a tutto
tondo, poliedrica ed eclettica, che scorre
come un fiume sotterraneo, una presenza
non gradita che si insinua negli spazi comuni,
si cela al sorgere del sole e si prepara all’as-
salto del cielo quando cala.
r u d e p a I n T I n g
“One in three” is how the collective
that has taken the name Canemorto defines
itself. They are a hybrid that is difficult to
define, lurking in ambiguity, and from this
they take their force: by being composed of
more than one person at the center, contrary
to every label and classification, constrained
by anonymity and always moving between
the capitals of Europe and the outer peri-
pheries, they are a collaboration fought over