custodia e preferisce irradiare lo spazio circostante fino al punto di effettuare uno scam-
bio illusionistico tra pubblico e privato, intimo e corale.
Vediamo, allora, le tracce della esistenza privata di Ceroli navigare come asteroidi pro-
iettati nel mondo dall’impulso di una fantasia fin troppo ansiosa di determinare il poe-
tico connubio.Abitare, vivere, vedere, fanno tutt’uno nell’amalgama estetico dell’artista
che concepisce ogni sua opera come gesto fatto in pubblico, cuore messo a nudo,colpo
di teatro con tanto di deus ex machina.
Pensiamo ai grandi letti, agli spazi antropomorfi che il suo disegno ha concepito: volumi
imponenti e ricurvi dove il legno importa la consistenza del peso evidenziato dai tratti di
levigatura che fasciano i bordi e le ordite testiere.
Ma pensiamo anche allo armadio col grande profilo ritagliato come una sporgenza flo-
reale contornata dalla sequela di mani che fanno da raggiera. Sono manifestazioni di
artigianato intimo e strettamente personale. Ci dicono che l’arte è una protesi della vita
di Mario, come gli appunti delle sue passioni così bene levigate nell’apparire di una
fisionomia costituiva e originaria, immodificabile in ogni sua parte. Per questa via l’og-
getto d’uso quotidiano diventa scultura, il mobile d’autore rivela un significato, la mate-
ria lignea vibra di interne emozioni e in qualche modo segnala un certo potere autono-
mo di immaginazione.
Intanto l’ architettura, l’arredo e la scultura fanno spettacolo anche quando si tratta di
misurare oggetti legati ad un pratico e personale consumo: un lume, un tavolo, una
testiera di letto a forma d’Asso di Fiori, e perfino il motivo ornamentale dell’albero rica-
mato su una coperta mostrano la vocazione di Ceroli al racconto, alla disposizione favo-
listica, alla simbiosi di esterno e di interno, al teatro e alla messa in scena. E se il teatro
è un insieme di maschere che mimano il segreto della vita, l’arte di Ceroli consiste in una
formidabile mascheratura dell ’ambiente dove perfino la struttura e la funzione diventa-
no motivo ornamentale mentre l’effervescenza decorativa accentua il suo potere simbo-
lico e allegorico.
Lo stile antico-moderno di Mario Ceroli suggerisce anche l’inequivocabile richiamo ad
una stagione preziosa dell’arte europea: quell’ alto medioevo in cui l’artigianato dei
mastri costruttori si precisava nella raffinata scelta dei materiali,nel recupero e utilizzo di
cadenti edifici classici, e nella scoperta di nuove smerigliature decorative da adattare alla
dignità di una chiesa o pure di un edificio pubblico. Penso ai marmorari romani, a quel-
lo “stile cosmatesco” che tanto amava i motivi a intarsio delle pietre dure, delle paste di
vetro, e la policromia della materia. Penso al recupero e alla citazione degli elementi
costruttivi romani o bizantini, come nelle colonne tortili del Chiostro della Basilica di San
Paolo fuori le Mura,o nella cattedrale di Ferentino, nel Lazio. E fa piacere pensare che
Mario abbia osservato quello straordinario spazio così avvolgente, pieno di respiro
interno,tutto vibrante per il moto lineare dei colonnati. Un’ aura di quella Roma nutrice
di tutti gli stili si risente ed affiora dal baldacchino o dal letto a motivi tortili, che a sua
volta è una proiezione del famoso Tabernacolo realizzato dall’artista per la Chiesa di Tor
Bella Monaca in Roma (1987). Sontuoso, eloquente, e pure tutore di una intimità vissu-
ta nel vivo respiro del legno, l’arredo ispirato da Ceroli incrocia forme di grandi dimen-
sioni e le riduce di scala realizzando il paradosso tipico delle visioni di sogno: mani
gigantesche accanto ad emisferi rovesciati a forma di seggiola o di tavolo, danno la
misura di un universo in cui l’infinitamente piccolo è comparato per essenza al siderale,
e al galattico. Mario Ceroli sente l’unicità del cosmo ed orchestra in essa il variare delle
forme con la versatile manualità di un prestigiatore. Se la divinità è insita nella natura,
la mano dell’artista deve saperla accarezzare con rispetto e con il pregio di farne ascol-
tare il soffio eterno. Questa disposizione di spirito nata nel Rinascimento coi filosofi
panteisti si riafferma nella poetica di Ceroli ad onta delle miserie nullificanti della cultu-
ra artistica contemporanea, e celebra un inno alla vita delle forme quali simulacri di una
continua apoteosi. Non so se questa implicita religiosità filosofica costituisce il primo
motore della poetica di Mario. Ma essa risplende nella sua opera e spiega bene perché
ogni oggetto appare come un microcosmo bene ordinato nel raccordo tra le parti e il
tutto. Si è parlato molto del manierismo di Ceroli per la sua abilità nel catturare forme
dentro il vocabolario smisurato della storia dell’arte occidentale. Ma non del tutto a
ragione. Perfino quando si abbandona al piacere del più mobile fraseggio “barocco”,
l’artista non perde mai il senso di quella geometria visibile e invisibile che giustifica
l’opera d’arte non tanto come artificio umano ma soprattutto come “prodigio naturale”,
evento necessario nell’ordine biologico. E c’è anche il gusto permanente di far convive-
re e comunicare tra loro gli spazi interni ed esterni, al punto che ogni opera diventa un
“unicum” capace di favorire a pieno una esperienza totale, addirittura tattile.E questa
esperienza estetica si attraversa nella consapevolezza che una volta compiuta se ne usci-
rà profondamente diversi: per non essere più la stessa cosa di prima. Mobilità,
vitalità,retorica quasi bizantina della visione frontale: le sculture complesse di Ceroli
reggono al paragone di un largo musicale barocco con le sue enfasi,i suoi andanti, le
ampie volute di periodi corrispondenti ad architetture mosse e maestose.Viene a mente
la Cupola della cappella della Sindone del Duomo di Torino, che il Guarini volle montare
come una singolare messa in scena nell’incrocio delle arcate possenti e dei fasci di luce
laterali.Il richiamo architettonico è puntuale per capire la scultura di Ceroli quando
accenna ad un certo”quadraturismo” e cioè alla creazione di spazi illusori ritagliati su
piani di legno che ricordano le ingannevoli scenografie dipinte dal Tiepolo a Palazzo
Labia. Sbalzi prospettici, profili di una realtà mutevole, immaginosa e fantastica com-
pongono lo stile di un artista che mette assieme lo sguardo metafisico con l’anima pub-
blicitaria della pop art, e non solo. Disegnando mobili o ritagliando simboli visivi, Ceroli
asseconda sempre le linee guida della natura: e come un certosino egli insegue pazien-
temente le peripezie increspate del legno, le direttrici sprezzate del vetro, le luminose
attrazioni di un minerale solido o pure di una terra colorata. L e sue figure leggere e al
4
5