NATALINO 25
Piazza di Spagna, Roma 2006
MARCO LODOLA, NESSUNO È PERFETTO!
Io per Marco Lodola sono sempre stato “Claudio
Villa, quello vivo”, fin dalla prima telefonata: 30
minuti senza conoscerci, in cui è subito nato un
profondo feeling.
Un feeling generato anche dagli amici comuni,
Bruno Arena dei Fichi d’India e Paolo Belli, ma che è
probabilmente dovuto - da lui c’è da aspettarselo -
anche dal suo amore per la musica.
La musica infatti ben si accoppia sia al mio nome,
sia all’azienda che dirigo, l’Aquafan di Riccione,
il luogo dove sono nati artisti come Jovanotti,
Fiorello, 883 ...
Con Lodola mi capita spesso di parlare di
“puttanate” ed è sempre troppo tardi quando noto
che gli si illumina la lampadina della creatività sulle
cavolate di cui magari si sta discutendo.
Con lui ho quindi avuto la conferma che essere
amico di un artista significa anche caricarsi di una
tragica responsabilità.
A me i lavori di Marco sono piaciuti da subito, con lui
abbiamo organizzato una mostra al palazzo delle
esposizioni di Riccione che si chiamava Controluce.
Ci siamo inventati anche una sorta di pozzo
archeologico luminoso.
Una volta gli ho chiesto di farmi un lavoro con i
colori della mia squadra di calcio preferita, lui si è
rifiutato e li ho scoperto la sua juventinità. Lo amo
ancora, ma come si diceva in un noto film, nessuno
è perfetto!
Claudio Villa
NATALINO 25
Piazza Strozzi, Firenze 2004
DOPPIO SOGNO (IN TECHNICOLOR)
Sogno spesso e volentieri, anche con gli occhi
chiusi, nella sede e nei tempi naturali. E ho la
ventura di ricordare sovente la materia di quella
intensa attività onirica. Le mie storie sono
solitamente piene di suoni e colori, di gente e di
movimento e quando ho cominciato a conoscere le
creazioni plastiche, luminose, a tinte forti di Marco
Lodola ho sospettato che si fosse intrufolato in
quei pensieri notturni, per prendere ispirazione.
Probabilmente non è stato così, ma erano tali
e tante le coincidenze, da sentirsi un tantino
preoccupati, quasi attraversati da identiche forze.
Piuttosto ci siamo comunemente abbeverati a
una cultura, visiva, sonora, di espressioni a tutto
campo, parallele, proprie dei nostri tempi. È così
che uno, invece di scrivere e parlare, si mette in
testa di suonare o forgiare le sue soluzioni di luce
e con esse invade i territori più particolari: grigie
città di vetrocemento, aperti lungomare, stanze
segrete e misteriose come quelle che serbiamo per
le nostre fughe migliori, e poi copertine di dischi,
scenografie, studi televisivi, mostre, esposizioni
varie ed eventuali.
Le sue creature piacciono ai bambini: ai più piccoli
e soprattutto a quelli cresciuti, della nostra età,
perché poggiano su una fantastica macchina
immaginativa, di fronte a un’opera d’arte capace di
sollecitare tutto il bagaglio di esperienze, speranze,
viaggi e virtù da declinare nell’idealità. Quelle
sculture lussureggianti e leggere, maestose e fiere,
capaci però di essere contenute, abbracciate da
uno sguardo curioso, rappresentano un conforto
e una speranza per chi ai tempi della scuola riuscì
persino ad essere rimandato in educazione artistica
(si chiamava così alle medie e convenni subito, a
dodici anni, grazie alla severa professoressa Figini
di avere la sensibilità estetica del Buon Selvaggio).
Ecco, avessi avuto un compagno di classe come lui,
la mia spaesata inettitudine in materia sarebbe
forse stata scalfita, e avrei vissuto con maggiore
disincanto il rapporto con il genio di pittori e
scultori. Invece, per sincerarmi che un contributo
all’arte lo avevo pur dato, con quei sogni galoppanti,
ho dovuto aspettare un bel po’.
Oggi, a sfogliare i cataloghi di Marco, mi sembra di
passare in rassegna tante puntate di pura essenza
onirica: mi piace tuffarmi in quelle forme, ma
soprattutto sono contento di sapere di avere un
simile partner di viaggio, ben desto e attivo. Noi,
sognatori incalliti, siamo fatti così…
Enzo Gentile
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