CHRISTIAN DIOR
Bozzetti preparatori
2021
Credo che Marco lo sappia che rapporto ho io con
l’Arte. Mi ha chiesto di scrivere qualcosa nel suo
catalogo. Mi ha detto: “Voglio mettere insieme
le persone che ho incontrato e che mi sono
piaciute”. E lui è piaciuto a me... forse ne abbiamo
anche parlato una volta. Io non amo l’arte come
solipsismo infantile, credo che l’arte sia sublime
in fondo a una vita realizzata. Forse però è anche
la tensione verso il sublime da parte degli uomini
che quella dimensione cercano. Poi c’è la tecnica
e nell’impararla esiste il talento innato, oppure
no... Nel 1998 lui, Omar Pedrini e io ci mettemmo
in testa di formare un gruppo, di dare vita a un
movimento. Decidemmo di chiamarlo Gruppo
98, facendo il verso a un più significativo gruppo
mitteleuropeo degli anni sessanta. Quella idea
aveva alla base la voglia di fare, di cambiare e di
testimoniare che è tipica dei ragazzi e degli artisti
come Marco e come Omar... io lì in mezzo ero il
ragazzo. Oggi non credo più di dover cambiare
il mondo, penso solo valga la pena impararne le
regole e poi provare a risolvere i problemi senza
enfatizzarli. L’arte spesso inquadra e mitizza la
malattia rendendola quasi un valore creativo.
Questo lo trovo insopportabile. Il fatto che Marco
non sia questo tipo di artista fa sì che tra noi,
nonostante non ci si veda così spesso, resti una
bella simpatia. Ho pensato a Marco Lodola come
a un amico a partire da quei giorni. L’ho scoperto
come artista da quando invece ho capito che quello
che lui fissa ed enfatizza è Bello. Io non metterei mai
sotto i miei occhi un’opera d’arte contemporanea
che parte dalle suddette logiche. Marco Lodola,
anche se non lo sa, è in casa mia da più di 2 anni.
Andrea Pezzi
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