CAPOCOMICO
Carnevale di Venezia 2001
L’onomanzia
è
quella
pratica
divinatoria
basata
sull’interpretazione etimologica, simbolica e numerica
del nome di una persona. Se tra nome e cognome una
lettera compare più di tre volte, sarà questa la dominante
per conoscere personalità, destino e temperamento
dell’individuo. Molte volte quindi la scelta del nome,
abbinata al cognome, viene intesa sia per individuare
presagi sia per augurare buoni auspici.
Una visione del mondo di questo tipo non prevede
la casualità. Ogni cosa corrisponde a un disegno, a
un’architettura forse predeterminata ma che lascia poco
margine all’improvvisazione. Se gli incontri rispondono
a un destino in parte scritto, non vanno considerati
incidenti di percorso quelle circostanze imprevedibili
che riescono a mettere in contatto persone di ambito
diverso, destinate a trovarsi a partire dalle proprie
affinità elettive: chiamarsi allo stesso modo, essere nati
lo stesso giorno, condividere una medesima fede.
Non può dunque essere un caso che Marco Lodola e
Marco Lodoli abbiano collaborato per diversi anni. O
meglio, l’artista pavese ha illustrato, tra il 1990 e il 1995,
diversi libri dello scrittore romano: I fannulloni, Crampi,
Grande circo invalido, I fiori, Fuori dal cinema, Cani e lupi e le
due raccolte I pretendenti e I principianti uscite più avanti.
I critici potrebbero sostenere la vicinanza generazionale
(Lodola è del 1955, Lodoli del 1956), la leggerezza dello
stile, la sobrietà del tocco, l’ironia, lo stare in bilico tra
realismo e immaginazione, la ricerca del colore che passa
in entrambi i linguaggi, la scrittura e l’arte visiva. Ma non
possiamo ignorare che la vera ragione dell’incontro sta
nel perfetto equilibrio tra tutte queste affinità e la sola
differenza di una vocale, la a al posto della i e viceversa.
Una (quasi) perfetta identità onomastica determina
dunque un destino comune, un passaggio condiviso.
Senza saperne molto di questa storia, quando vivevo
a Roma, nei primi anni ’90, giocavo a calcetto dalle
parti di Tor di Quinto: un gruppo di amici che si sfidava
abitualmente il lunedì, tra i quali l’onnipresente Marco
Lodoli. Avendogli detto qualcuno che io aspiravo a fare
il critico d’arte, mi aveva appunto chiesto se conoscessi
il suo pressoché omonimo Marco Lodola. Ma all’epoca
non lo avevo mai incontrato.
Solo di recente e per caso, durante una cena, Lodola e
io abbiamo scoperto di essere “gemelli astrali”. Ovvero
persone nate lo stesso giorno e lo stesso mese, le quali
sono accomunate da diverse somiglianze negli eventi
della vita. Siamo entrambi del 4 aprile (1955 Marco, 1961
io): ecco perché abbiamo scelto di inaugurare il 4 aprile
2008 (4 + 4 = 8) questa mostra all’insegna della non
casualità.
Ermete Trismegisto, padre della filosofia ermetica, disse:
“Ciò che è in basso, è uguale a ciò che è in alto; e ciò che è
in alto, è uguale a ciò che è in basso, per compiere le opere
meravigliose dell’unica cosa.” Il 4 aprile è il 94° giorno del
Calendario Gregoriano (95° negli anni bisesistili). Sono
capitate cose diverse, nella data dei nostri compleanni.
Cinque singoli dei Beatles nei primi cinque posti delle
classifiche americane (1964); l’uccisione di Martin Luther
King e il lancio dell’Apollo 6 (1968); il primo trapianto di
cuore artificiale temporaneo da parte del medico Denton
Cooley (1969); l’inaugurazione del World Trade Center
(1973); la prima puntata di Atlas Ufo Robot trasmessa
in Italia su Rai 2 (1978); l’esecuzione della condanna a
morte del presidente pakistano Ali Bhutto.
Non so se Lodola o io (o entrambi) passeremo alla
storia, ma certo è che in quanto a compleanni siamo
davvero in buona compagnia. Il pittore francese Pierre
Paul Prud’hon (1758), lo scrittore maledetto Isidore
Lucien Ducasse conte di Lautréamont (1846); il pittore
fauve Maurice de Vlaminck (1876); la regista e scrittrice
Marguerite Duras (1914); l’ala destra del Bologna e della
Nazionale Amedeo Biavati (1915); il regista Eric Rohmer
(1920); il compositore Elmer Bernstein (1922); il regista
Andrej Tarkowskij (1932); il bandito sardo Graziano
Mesina; il politico tedesco Daniel Cohn-Bendit (145);
il cantautore Francesco De Gregori (1951); la cantante
Fiorella Mannoia (1954); il regista Aki Kaurismaki
(1957); la conduttrice tv, ex presidente della Camera dei
Deputati, Irene Pivetti (1962); l’attore Robert Downey
Jr. (1965); il campione di motociclismo Loris Capirossi
(1973); il centrocampista brasiliano Emerson (1976). E
anche in quanto ai morti non scherziamo: due papi,
Formoso (896) e Niccolò IV (1292), il principe sabaudo
Vittorio Amedeo I (1741), il noto ingegnere tedesco Carl
Benz (1929) e l’inventore dei pneumatici André Michelin
(1931), artisti come Libero Andreotti (1933) ed Herbert
List (1975), gente di cinema e di teatro come Carmine
Gallone (1973), Gloria Swanson (1983), Paola Borboni
(1995); l’ultima rockstar dell’era contemporanea, Kurt
Cobain, scomparso il 4 aprile 1994.
Il destino dunque può essere scritto nel nome, nella
data di nascita o più precisamente nella fede. Non quella
mutevole della politica, né quella troppo personale
della religione, ma l’unica autentica fede condivisa
e irreversibile legata al tifo per la propria squadra di
calcio, che non ammette cedimenti né eccezioni. Sono
juventino, lo sanno tutti, oltre ogni limite, al punto di
condizionare da tempo l’intero svolgimento della mia
vita a seconda di dove e quando gioca la Juve. Diversi anni
fa ho scritto “Gobbo dalla nascita”, confessione in forma
di saggio su questa devastante mania. Più o meno nello
stesso periodo l’”insospettabile” Marco Lodola affidava il
testo per il catalogo di una sua mostra non a un critico o
a uno storico ma all’allora centrale difensivo bianconero
Mark Iuliano. Se non è amore questo…
Non mi perdo una partita della Juve allo stadio
ammenoché impedito da cataclismi naturali di vasta
portata. Lodola invece è troppo emotivo, patisce oltre
misura la tensione del campo, per cui si chiude in casa
e guarda la tv a volume spento, come un automa, un
alienato (vi risparmio l’ironia della moglie Laura e dei
suoi amici).
Ho curato tante mostre nella mia “carriera” di critico,
molte con estremo piacere. Soltanto una posso dire
di averla inseguita ossessivamente. La celebrazione
dei 110 anni di storia juventina attraverso l’arte, lo
scorso ottobre al Palazzo Bricherasio di Torino. Logico
affidare a Marco Lodola la decorazione esterna della
facciata, la realizzazione del logo e dell’opera simbolo
che ha accompagnato l’evento in quegli indimenticabili
quaranta giorni.
Tutto torna, ogni cosa si compie. Come festeggiare il
nostro compleanno (quanti sono non conta) nella casa
di tre nuovi amici gobbi: Aldo Marchi e i suoi figli Lorenzo
e Leonardo.
Luca Beatrice
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