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“Uno e trino”. Così si definisce il col-
lettivo che in arte ha assunto il nome Cane-
morto. Un ibrido di difficile identifica-
zione che si cela nell’ambiguità e
da questa ne trae la sua
forza: composto da più
anime al
suo
i n -
terno, con-
trario a ogni eti-
chetta e classificazione,
costretto all’anonimato e sempre in movi-
mento tra le capitali e le periferie europee,
è una creatura contesa da galleristi e forze
dell’ordine e posizionata a metà strada tra
legalità e illegalità, con un piede dentro il
sistema dell’arte e l’altro
ben anco-
rato al
suo esterno.
Impegnati sul fronte dell’arte ufficiale
e, prima ancora, su quello dell’arte di strada,
t r a -
spongono
la
propria poetica e le pro-
prie iconografie da un medium
all’altro, a seconda del contesto, con la
consapevolezza di operare nell’ambito del-
l’arte e non solo di una subcultura. Dall’Italia
alla Norvegia, dal Portogallo al Belgio, sono
moltissime le città depositarie del loro ta-
lento visivo.
Cresciuti con vernici, rulli e bombolette spray
a suon di rap, gli artisti del collettivo
Canemorto hanno nu-
trito il
loro imma-
ginario con la cultura un-
derground del punk-rock, del fumetto e
della grafica indipendenti, del mondo dello
skate e dell’arte urbana internazionale.
Un’estetica che si è strutturata con una for-
mazione accademica improntata alla pittura,
CANEMORTO
F I N A L I S T
l a p I T T u r a m a l e d u C a T a