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per la sopravvivenza sotto lo slogan positivista
- You can do it, dove ciò che non conosciamo
più è il significato del non fare.
Come si collocano all’interno di questo para-
digma estetico tanto frammentato e schizo-
frenico le immagini prodotte dal giovane ar-
tista italiano classe ’87, Stefano Serretta?
Sono anch’esse dei segni inquietanti, ma di
matrice diversa. Trascendono il semplice pro-
cedimento del sabotaggio o del camouflage.
Prendono in prestito dai media, dalla pubbli-
cità e dall’arte, il loro aspetto formale e ap-
parentemente neutro. Costringono, però, ad
un atto riflessivo chi si confronta con esse.
Seducono formalmente, ma esigono atten-
zione. Provocano un cortocircuito tra il signi-
ficato e il significante, anche se osservate bre-
vemente. Imprimono una after-image, da
portare via. Rianimano gli spettri perturbanti
della contemporaneità, senza dover ricorrere
ai facili populismi. Fondono assieme il fatto
e la finzione, la storia e la memoria, il pre-
sente, il passato e il futuro in una narrativa
nitida. Serretta non ricorre mai ad un pro-
cesso di mistificazione. Al contrario le sue
opere risultano sempre un’operazione di de-
mistificazione. Le immagini vengono riportate
ad un grado zero e nello loro scheletro sco-
perto, nella loro rovina, diventa leggibile un
piano ed un intento originario.
Negli ultimi anni, Serretta si è fatto raffinato
linguista e archeologo delle immagini. Ne co-
nosce la grammatica, la sintassi e la seman-
tica. Ne sa dissotterrare gli aspetti morfologici
dimenticati. Ne conosce la pragmatica. Ha
consolidato la sua prassi dello scavo. Conosce
la forza della retorica mediatica o quella dello
storico, cannibalizzando la quale, un’imma-
gine o un artefatto possono ancora impre-
gnarsi di un significato. Usa come spunto il
vasto repertorio dell’inconscio collettivo, oggi
così saturo di colpi, di traumi e di shock, che
vengono repressi quasi in tempo reale.
Ne elenchiamo alcuni esempi:
Bam, una serie di francobolli degli anni cin-
quanta provenienti dall’Afghanistan, nel 2016
vengono meticolosamente 'aggiornati' dall’ar-
tista – facendo un semplice gesto iconoclasta.
Con un rasoio le statue di Buddha vengono
attentamente cancellate, rendendo quasi fi-
sico e appena visibile questo lapsus storico.
I telai neri prodotti da Serretta annunciano –
Coming soon. Il linguaggio da trailer cinema-
tografico ci è ben noto. Solo dopo aver letto
anche la traduzione in russo, arabo e in altre
lingue, il gioco si svela. Forse questa volta non
si tratterà di un ennesimo thriller divertente.
Quel che annunciano queste bandiere, il sim-
bolo dello jihadismo contemporaneo, è che il
peggio deve ancora venire – A Venir!
Nella serie Landscape – il labirinto di rimandi
raggiunge la sua massima efficacia. Cono-
sciamo quel paesaggio deserto. È legato al-
l’iconografia dell’esotico occidentale — più
recentemente diventato una rappresentazione
dell’altro, dello sconosciuto – un pericolo in
agguato. Due quadrati monocromi, uno nero
Black Standard (Echoes),
2016, acrilico su cotone, 100 x 150 cm /
acrylic on cotton, 39¼” x 59”
Courtesy of the artist e / and Dena Foundation for Contemporary Art, Paris