148
unica che si basa sulle relazioni che si creano,
visivamente e nell'immaginario, tra le forme, i
simboli e le narrazioni. Così, ne Le tre cupole e
la torre delle lingue (2013), partendo dall'ana-
logia della forma delle tre cupole, la Cupola
della roccia di Gerusalemme, la Grosse Halle
progettata da Albert Speer sotto il Terzo Reich
e lo spazio architettonico dove si svolgeva con-
cretamente la performance, Presicce unisce
differenti figure narrative, re Salomone, la re-
gina di Saba, Hiram Abif, il grande architetto
massone, ma anche gli apprendisti e i costrut-
tori di cattedrali. Nondimeno questi personaggi
non sono rappresentati in quanto tali, ma sotto
forma di esseri figurati, nei quali si fondono le
narrazioni e i differenti simboli a essi legati.
Così re Salomone è presente in una forma metà
umana metà architettonica. I riferimenti si mi-
Luigi Presicce
l e P E R F O R M A N C E d I l u I g I p r e s I C C e ,
o l a r I v I T a l I z z a z I o n e d e l l ' o p e r a
L’opera di Luigi Presicce ha meno a che fare con la tradizione della performance, così
come emerge nel XX secolo, che con quella molto più lontana del tableau vivant. Si intende ge-
neralmente per tableau vivant una riproduzione, per mezzo di attori, di un'opera d’arte o di un
episodio storico o mitologico celebre. Per riuscire a realizzare il quadro grazie a dei corpi viventi
è importante riprodurre il tempo sospeso dell'opera mantenendone l'immobilità. A metà strada
fra le arti visive (pittura o scultura), e il teatro (la rappresentazione è scenica), il tableau
vivant è una pratica ibrida che invita l'immaginario dello spettatore a passare dall'immagine
concreta, che egli ha sotto gli occhi, all'immagine richiamata alla mente, che serve da punto di
riferimento alla messa in scena. Se la storia di questa pratica non ne fa un genere univoco, si
deve, tuttavia, constatare che esso poggia sempre sul tentativo di riprodurre con i tratti della
vita reale la vita rappresentata del quadro. Il lavoro di Luigi Presicce differisce su questo punto
dal tableau vivant considerato come riproduzione, proponendo piuttosto ciò che si potrebbe de-
finire come una rivitalizzazione simbolica di immagini nello spazio di una narrazione. I riferimenti
stessi non sono mai unici, ma molteplici, provenienti da epoche differenti, territori differenti e
media differenti. In generale Presicce coniuga un insieme complesso di fonti, creando lui stesso
i nessi fra i simboli relativi a queste narrazioni. L’immagine che ne risulta è una costruzione
F I N A L I S T
schiano fino a modificare le sembianze. Tutto
diventa figura, invitandoci a passare da un mo-
tivo all'altro, come faremmo davanti a un qua-
dro o a un affresco. Siamo decisamente in uno
spazio pittorico e Presicce si afferma più vo-
lentieri erede della pittura piuttosto che della
performance. Ma questa pittura si manifesta
nello spazio tridimensionale del reale, ciò im-
plica un’attivazione dei simboli, come le pietre
sospese in Santo Stefano, i coriandoli, le pietre
(2015), e un confronto reale dell'opera con lo
spettatore. Questi è, infatti, sempre accompa-
gnato individualmente dentro la performance,
per un minuto, prima di essere ricondotto al-
l'esterno. Così è invitato a penetrare nello spa-
zio dell'opera, per un istante, astraendosi dal-
l’ambiente esterno. Vero e proprio tramite,
assicura il collegamento fra il mondo esterno