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gono varie funzioni: rendono regolare la re-
spirazione dell’uccello, — che ha ritmi re-
spiratori molto differenti a seconda se sia in
volo, in corsa o in posizione di riposo — fun-
gono da riserva di ossigeno, raffreddano i tes-
suti e alleggeriscono il corpo dell’animale.
Grazie a questi sacchi, alcune specie riescono
a volare ad altezze impensabili, senza farsi
sopraffare dalla concentrazione estrema-
mente rarefatta dell’ossigeno.
Le oche indiane, nel corso della migrazione
annuale, riescono a raggiungere la quota di
6.437 metri.
Non bisogna dimenticarsi dell’aria quando ci
si trova di fronte ad uno dei tuoi lavori. Per-
ché sono pieni d’aria. E hanno ossa cave.
*
La complessità di un percorso di anni non è
traducibile in poche parole. Lo stesso tenta-
tivo comporterebbe un’operazione esaspe-
rante e riduttiva. Inoltre, se volessi sistema-
tizzare il tuo pensiero, sicuramente incorrerei
in generi e divisioni che proprio non ti si ad-
dicono.
Riuscire a capire, o almeno a intuire, la na-
tura di un’opera, dà però una sensazione di
piacevole ebbrezza. Mi affido ad essa.
Un uomo e una donna si accordano sullo
stesso tono per cinquanta minuti. Non si ve-
dono. Non si guardano. Il loro unico compito
è quello di continuare a regolare una vocalità.
Fare da ponte. Il tono trattenuto diventa su-
bito una sottile membrana che vive la parità
di uno sforzo. Sfiora l’immobilità, nel baleno
di una provvisoria condivisione. L’intensità
si attesta, si permette la pienezza. Ma è con-
trollata, in una durata che vi porrà fine. Già
trema, umana, velata di pianto.
Della giocosità delle gare Inuit, nulla rimane.
Un’immagine ritrae la coppia a terra. Hanno
posato il capo. Lei si copre il volto con una
mano. Ora tacciono.
Il suono disdegna i sentimentalismi. Ma qui
e altrove, indipendentemente dalle forme
tecniche che assume, è in grado di lasciar
affiorare la tua sconfinata nostalgia di futuro.
Ed è un tipo di nostalgia che non conosce
possibilità di distrazione.
*
Nel dicembre 2016, in una galleria di Ankara,
durante l’inaugurazione di una mostra foto-
grafica, è stato ucciso l’ambasciatore russo.
Dei video amatoriali mostrano un uomo in
completo a giacca nero mentre spara alcuni
colpi di pistola.
Non penso potessi prevedere tutto questo
quando, quattro anni prima, incoraggiato dal
trovarti in uno spazio deputato all’arte, hai
tratteggiato la stessa esplosione nella sala di
un museo polacco.
Non credo nemmeno tu abbia potuto con-
sciamente anticipare la chirurgica e terribile
indifferenza a cui un immaginario — cultu-
rale, politico, sociale — sarebbe andato in-
contro.
Ma hai teso un agguato al contemporaneo.
Ed è qualcosa che solo l’arte sa fare.