Una condizione che diventa paradosso nel
mondo dell’arredamento, un mercato maturo
in cui le stesse industrie che per le leggi del
sistema delle merci sono tenute a un sempre
maggiore incremento di fatturato, devono anche
garantire ai propri clienti una lunga durata dei
prodotti con cui questi decidono di convivere
ogni giorno, per molti anni. Il paradosso ha
sicuramente più possibilità di essere superato,
se non risolto, nel mondo del mobile: qui almeno
70 anni di storia del design italiano hanno creato
e consolidato una “cultura dell’alternanza” in
cui forme e materiali si susseguono tra loro,
con corsi e ricorsi normalmente accettati dal
pubblico di fascia più alta. Disposto a spendere
molto per un prodotto iconico, vecchio o nuovo
che sia, questo pubblico è soggetto, e in un
certo senso abituato, alla trovata stagionale,
al capriccio del momento e perfino alla stanca
ripetizione di stili e materiali passati spacciati per
novità (gli anni ’30, 40, ‘50… il velluto, il noce
tinto wengé, il galuchat…).
Benissimo se altre industrie – nate magari
con materiali specifici che hanno fatto la loro
fortuna - continuano a diversificare sia questi sia
le loro tecnologie di produzione per mantenere
sveglia l’attenzione dei compratori, confidando
su designer abbastanza eclettici e disinvolti
balance in the management of natural
resources.
This condition becomes a paradox in the
world of interiors. In this well-seasoned market
subject to the laws of the goods system, the
same companies that are expected to generate
ever-increasing turnovers must also guarantee
durable products that their customers will
decide to live with every day for many years.
This paradox surely has more chance of being
overcome, if not resolved, in the furniture
market. Here, at least 70 years of Italian design
history have spawned and consolidated a
“culture of alternation” in which shapes and
materials follow on from one another, with
repeating cycles normally accepted by higher-
end consumers. Willing to spend their money
on an iconic product, whether it’s old or new,
these consumers are subject and in some sense
accustomed to the seasonal gimmick, to the
whim of the moment and even the stagnant
repetition of old styles and materials passed
off as novelties (the ’30s, ’40s and ’50s, velvet,
wenge-coloured walnut, shagreen, and so on).
It’s fine if some industries – perhaps
originating with specific materials that made
their fortunes – continue to diversify both these
Studio di Patricia Urquiola /
LUOGO: Milano
Patricia Urquiola Studio /
PLACE: Milano
Biscuit n.02,
schizzo progettuale /
DESIGN: Patricia Urquiola
Biscuit n.02,
conceptual sketch /
DESIGN: Patricia Urquiola
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Patricia Urquiola — Biscuit