Dettaglio costruttivo di modello, Michele De Lucchi /
LUOGO: Il Chioso, atelier privato
Model construction detail, Michele De Lucchi /
PLACE: Il Chioso, private atelier
Medoc /
Filo di Lama, Erice 1312 /
DESIGN: Michele De Lucchi + Philippe Nigro
Medoc — Michele De Lucchi + Philippe Nigro
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sembrano niente ma con cui si possono costruire mobili molto
duraturi e a loro modo belli. Il resto è merito di qualche cliente,
con un po’ di soldi, che mi ha lasciato fare quello che pensavo
fosse giusto progettare e realizzare: come case, negozi, oggetti,
uffici. Come anche quelli che abbiamo fatto anche insieme,
per tanto tempo. Però ci dev’essere qualcosa che a te ha più
affascinato nel dedicarti tanto alla materia di cui sono fatti gli
alberi, anzi loro - come dici tu - e a quello che con loro si può fare.”
Michele si alzò dalla poltroncina, era più tranquillo adesso -
e si mise a frugare nella borsa, finché non tirò fuori un librettino,
bianco, con la costa giallo fluo. Tornò verso il divano e lo porse
a Ettore, che prese a sfogliarlo. C’erano degli schizzi, molto
di getto, quasi degli scarabocchi, ma che illustravano bene
le parole.
“È vero, ho scritto anche questo libretto, si chiama ‘Loro che sono
l’oro’” gli spiegò. “Perché sono loro, gli alberi, che si prendono
cura del paesaggio, lo rendono bello, fresco e naturale. Non sanno
nemmeno cosa vuol dire brutto. Tutto quello che fanno è bello,
originale, autentico. Non sbagliano mai… e sanno trasformare
l’angolo più squallido, sporco e disordinato in un angolo
di paradiso terrestre… Ma hanno anche un’anima, soffrono:
non lo fanno vedere, tengono nascoste le loro emozioni sotto
quella che sembra una corteccia… ma è una pelle, come la nostra.
Sono sempre lì, li trovi tranquilli e pacifici, che ci guardano,
benevoli, come se assecondassero i nostri pensieri, folli
e le nostre preoccupazioni, inutili.”
“Gli vuoi molto bene a questi esseri…” disse sorridendo Ettore.
“Lo penso veramente. Quando sono a casa, sul lago, o quando
vado da qualche cliente che li ama come me, mi pare di sentirli
- incoraggiarmi con la loro calma, la visione della vita su tempi
che noi facciamo anche fatica a immaginare. Ci sono boschi,
in Francia, dove un albero può crescere anche per cent’anni
prima di essere usato: e per ognuno che viene utilizzato - quindi,
per forza, tagliato - se ne piantano altri dieci. Mi sembra giusto
trattarli bene e volere loro bene. Sono a diretto contatto
con la terra, sentono e assorbono le sue vibrazioni.”
“Allora faccio io delle domande, qualche domanda che mi sono
fatto anch’io tante volte. Alla fine, sappiamo così poco di quello
che ci passa per la testa mentre lavoriamo… La piega dei capelli
di una donna c’entra con la curvatura di un vaso?
Il ricordo della luce dentro la scala di Pagano alla Triennale
c’entra con l’illuminazione dei quadri di Sironi in un museo
da fare adesso? Il colore degli alberi sulle montagne del Colorado
ti guida nel cercare il colore per il piano di un tavolo?”
“Forse sì, Ettore. Penso che le cose sulla Terra, quelle naturali
e quelle artificiali, siano tutte legate tra loro. Le sue vibrazioni
fanno in modo che le distanze cambiano in continuazione,
anche impercettibilmente. Negli oggetti le vibrazioni della Terra
si riproducono nel suono, nel tatto, nei profumi, con tutti
i possibili stimoli che vengono dall’ambiente. Così con loro
ci sentiamo vivi. Gli oggetti giusti ci permettono una vita interna
più ricca, e quando sono perfetti risuonano dentro chi li guarda,
li usa.”
Ettore lo guardò con un gran sorriso, poi gli disse:
“Hai proprio ragione Michele, hai detto - forse meglio - quello
che ho pensato per tanto tempo anch’io”, poi sospirò di nuovo.
“Vuoi fermarti qui a dormire?” gli chiese Michele
“Io posso stare sul divano.”
“Grazie, rimango ancora un po’, poi andrò a casa. Ma tu ricordati
Natural Genius
A DESIGN STORY - Michele De Lucchi