IT
COME È INIZIATA LA TUA COLLAB-
ORAZIONE CON IBEBI E COME DE-
SCRIVERESTI IL PERCORSO SVOL-
TO FINORA?
TC
L’incontro con IBEBI è avvenuto gra-
zie ad Elena e Michael di Stormo Studio, che da
qualche anno seguono l’azienda come Art Direc-
tor. In questo processo di aggiornamento e ripo-
sizionamento dell’azienda sono stato contatta-
to con un brief diretto: lavorare su un sistema di
seduta modulare per gli spazi pubblici e gli uffi-
ci. È iniziato un dialogo a più voci tra me, gli Art
Director e l’azienda, ancora prima di iniziare a
lavorare sulle prime idee. Abbiamo prima di tut-
to cercato di allinearci su un approccio comune
al progetto, cercando di instaurare un rappor-
to che poi potesse essere alla base di qualsia-
si lavoro successivo. A quel punto, lavorare sui
concept proposti e sui successivi avanzamenti è
stato qualcosa di naturale e relativamente rapi-
do, fino ad arrivare ai primi prototipi in cui l’dea,
fino a quel momento discussa sulla carta, è sta-
ta verificata insieme dal vero. C’è stato un ap-
proccio schietto e sincero sul progetto, in cui le
molte voci in campo sono riuscite a trovare una
conclusione comune. È quello che succede nelle
aziende che implementano, in modo intelligente e
sano, le collaborazioni con professionisti esterni,
sapendo che si è reciprocamente risorse gli uni
per gli altri, e che un buon risultato finale è dato
da confronti piuttosto che da imposizioni.
PUOI RACCONTARCI QUALCOSA SUL
TUO PRODOTTO E LA STORIA DIET-
RO LA SUA CREAZIONE?
TC
Da subito l’intento è stato quello di
inserire degli elementi caratterizzanti nel de-
sign dell’oggetto, cercando di far combaciare
la caratterizzazione estetica del sistema con
un’efficienza sistemica generale, non solo di
produzione ma anche di finitura, stoccaggio e
assemblaggio. Si è cercato di raggiungere la
maggior personalizzazione possibile con il mi-
nor numero di elementi possibili. L’idea di avere
una “trave” come spina dorsale non solo estet-
ica ma anche funzionale del sistema è stata il
punto di partenza concettuale di Modus. Dalla
trave centrale si sviluppa infatti tutto il resto, dai
piedi di appoggio e sostegno delle sedute, agli
accessori, dai piccoli complementi, ai braccioli
e schienali. Modus è un sistema “aperto”; qual-
cosa che può non solo prendere configurazio-
ni differenti a seconda del progetto specifico,
ma che può crescere con il tempo, seguendo
l’evoluzione dell’azienda, implementando di vol-
ta in volta gli elementi, rispondendo al mercato
e all’evoluzione degli spazi pubblici e di lavoro.
COSA PENSI DEL FUTURO DEGLI
SPAZI DI LAVORO? SI STANNO EVOL-
VENDO? E QUANTO È IMPORTANTE IL
DESIGN NEL DARE FORMA A QUES-
TI AMBIENTI?
TC
Quello degli spazi di lavoro è un tema
complessissimo e in continua evoluzione, siamo
passati da un’impostazione cartesiana e cubico-
lare delle singole postazioni di lavoro ad open-
space organici, senza alcuna gerarchizzazione
e differenziazione degli spazi di lavoro. Siamo
arrivati a capire che nessuno dei due estremi
funziona e ora si sta cercando di ibridare i vari
approcci modulando il pubblico e il privato, l’or-
ganico e il razionale. La pandemia poi ha da-
to un ulteriore scossone accelerando e a volte
ribaltando tutti i ragionamenti sulla necessità
e sul senso della presenza fisica sul luogo di
studio e lavoro. Il design, in quanto recettore e
rielaboratore della contemporaneità ha il compi-
to di inserirsi in questo dibattito dando forma e
sostanza ai nuovi comportamenti supportando,
implementando e provando a proporre nuove
letture e nuovi scenari a partire dal solco del-
la discussione in atto. Il Design, da sempre, dà
forma e sostanza a scenari immaginati e lad-
dove il dibattito è più fitto e complesso, ha più
libertà di movimento e slancio propositivo.
PARLANDO DEL SISTEMA MODUS,
COSA LO RENDE UNICO E LO DIS-
TINGUE DAGLI ALTRI?
TC
La possibilità di personalizzazione,
nonostante il basso numero di elementi è il
punto di forza di Modus. C’è inoltre un altro
aspetto che mi rende molto felice del risultato
finale del progetto ed è qualcosa a cui si è cer-
cato di mirare sin dall’inizio. Nonostante la sua
modularità e versatilità, Modus rimane un arre-
do con un linguaggio lontano da quello freddo
e funzionalista di molti sistemi modulari. L’in-
tenzione era quella di creare un prodotto che
apparisse “concluso” in ogni sua configurazi-
one, evitando che sembrasse sempre qualco-
sa di incompleto o una parte di un sistema più
ampio. A tal fine, sono previste alcune config-
urazioni già prefigurate, ma il sistema consente
anche la creazione di soluzioni completamente
personalizzate. Inoltre, per garantire un design
realmente autonomo, è prevista l'integrazione
con una batteria che rende il sistema comple-
tamente indipendente.
IN CHE MODO LA SOSTENIBILITÀ IN-
FLUENZA I TUOI PROCESSI E I PRO-
DOTTI CHE PROGETTI?
TC
Come Designer il mio approccio al-
la sostenibilità dipende sempre dal cliente con
cui sviluppo un progetto. È qualcosa che noi de-
signer dobbiamo essere in grado di “maneggia-
re” ma che già deve essere implementato dalle
aziende con cui entriamo in contatto. In questo
caso l’impegno è stato quello di mantenere tut-
ti gli elementi separabili e disassemblabili, rius-
cendo così a soddisfare la personalizzazione, la
disassemblabilità degli elementi, uno stoccag-
gio più efficiente e meno ingombrante. Quando
si parla di sostenibilità spesso si dimentica tut-
to il processo per parlare semplicemente di ma-
teriale di realizzazione.
Un approccio sostenibile è invece un approccio
che considera tutte le fasi di vita di un prodotto,
dalla produzione alla distribuzione.
COME RIESCI A BILANCIARE ES-
TETICA E FUNZIONALITÀ NEL TUO
LAVORO?
TC
Quello su forma e funzione è un dibat-
tito che va avanti dall’alba dei tempi di ques-
ta disciplina e che ormai credo abbia esauri-
to il suo senso d’essere. Abbiamo finalmente
capito che un progetto non può prescindere
da entrambi i concetti e che un buon proget-
to è allo stesso tempo bello, ben fatto e funzi-
onale. Considerare solo uno dei due concetti
da vita a progetti zoppi che durano il tempo di
una stagione. Il dialogo tra gli attori in campo
di cui parlavo all’inizio, in cui ognuno porta il
proprio know-how all’interno del processo, è
ciò che dà vita a progetti in cui la componente
estetica e funzionale sono così amalgamate e
metabolizzate che è impossibile separarle ed
individuarne il confine.
POTRESTI RACCONTARCI QUALI
SONO LE SFIDE E LE SODDISFAZIO-
NI PIÙ GRANDI DEL LAVORARE NEL
SETTORE DEL DESIGN?
TC
Personalmente faccio questo mestiere
per un legame viscerale che ho da sempre con
gli oggetti; perciò, i motivi della soddisfazione
che provo nel disegnare, vedere realizzato e poi
usare ciò che progetto possono essere lontani
o non combaciare con il loro successo commer-
ciale. La difficoltà più grande è sempre quel-
la di cercare di rimanere obbiettivi sul proprio
lavoro, dando spazio alle critiche e accoglien-
do l’errore come possibilità.
RACCONTACI QUALCOSA DI INAS-
PETTATO SU DI TE.
TC
Durante le fiere in cui vengono pres-
entati i miei prodotti mi apposto per spiare le
reazioni delle persone che vedono e usano per
la prima volta i prodotti che ho disegnato.
FR
COMMENT A-T-ELLE COMMENCÉ
TA COLLABORATION AVEC IBEBI ET
COMMENT DÉCRIT-TU LE PARCOURS
ACCOMPLI JUSQU’À PRÉSENT?
TC
La rencontre avec IBEBI s’est déroulée
grâce à Elena et Michael de Stormo Studio, qui
suivent l’entreprise depuis quelques années en
tant que directeurs artistiques. Dans ce pro-
cessus de mise à niveau et de repositionne-
ment de l’entreprise, j’ai été contacté avec un
brief direct : travailler sur un système d’assises
modulaires pour les espaces publics et les bu-
reaux. Un dialogue à plusieurs voix a commencé
entre moi, les directeurs artistiques et l’entre-
prise, avant même de commencer à travailler
sur les premières idées. Nous avons d’abord
essayé de nous aligner sur une approche com-
mune du projet, en essayant d’établir une re-
lation qui pourrait ensuite être la base de tout
travail ultérieur. À ce moment-là, travailler sur
les concepts proposés et les progrès succes-
sifs a été quelque chose de naturel et relative-
ment rapide, jusqu’à arriver aux premiers pro-
totypes où l’idée, jusqu’alors discutée sur le
papier, a été vérifiée ensemble par la réalité.
Il y a eu une approche franche et sincère du
projet, où les nombreuses voix sur le terrain
ont réussi à trouver une conclusion commune.
C’est ce qui se passe dans les entreprises qui
mettent en œuvre, de manière intelligente et
saine, des collaborations avec des profession-
nels externes, sachant que l’on est mutuelle-
ment ressources pour les autres, et qu’un bon
résultat final est donné par des comparaisons
plutôt que par des impositions.
PEUX-TU NOUS PARLER DE TON PRO-
DUIT ET DE L’HISTOIRE QUI SE CACHE
DERRIÈRE SA CRÉATION?
TC
Dès le début, l’intention était d’insérer
des éléments caractéristiques dans la concep-
tion de l’objet, en essayant de faire correspondre
la caractérisation esthétique du système avec
une efficacité systémique générale, non seule-
ment de production mais aussi de finition, stock-
age et assemblage. Nous avons essayé d’obtenir
la plus grande personnalisation possible avec
le moins d’éléments possibles. L’idée d’avoir
une "poutre" comme colonne vertébrale non
seulement esthétique mais aussi fonctionnelle
du système a été le point de départ conceptuel
de Modus. De la poutre centrale se développe
en effet tout le reste, des pieds d’appui et de
soutien des assises, aux accessoires, des petits
compléments, aux accoudoirs et aux dossiers.
Modus est un système «ouvert«; quelque
chose qui peut non seulement prendre des
configurations différentes selon le projet
spécifique, mais qui peut grandir avec le
temps, en suivant l’évolution de l’entreprise,
en mettant en œuvre les éléments de temps
à autre, en répondant au marché et à l’évo-
lution des espaces publics et de travail.
QUE PENSE-TU DE L’AVENIR DES ES-
PACES DE TRAVAIL? ILS ÉVOLUENT?
ET QUELLE EST L’IMPORTANCE DU
DESIGN DANS LA MISE EN FORME
DE CES ENVIRONNEMENTS?
TC
Les espaces de travail sont un thème
très complexe et en constante évolution, nous
sommes passés d’une approche cartésienne et
cubique des postes de travail individuels à des
espaces ouverts organiques, sans aucune hiér-
archisation ni différenciation des espaces de tra-
vail. Nous sommes arrivés à comprendre que ni
l’un ni l’autre des deux extrêmes fonctionne et
maintenant on essaie d’hybrider les différentes
approches en modulant le public et le privé, l’or-
ganique et le rationnel. La pandémie a ensuite
donné un autre coup de fouet en accélérant et
parfois en renversant tous les raisonnements
sur la nécessité et le sens de la présence phy-
sique sur le lieu d’étude et de travail. Le design,
en tant que récepteur et reprocesseur de la con-
temporanéité a pour tâche de s’insérer dans ce
débat en donnant forme et substance aux nou-
veaux comportements en soutenant, en mettant
en œuvre et en essayant de proposer de nou-
velles lectures et de nouveaux scénarios à par-
tir de la discussion en cours. Le design, depuis
toujours, donne forme et substance aux scénar-
ios imaginés et là où le débat est plus dense et
complexe, il a plus de liberté de mouvement et
d’élan proactif.
EN PARLANT DU SYSTÈME MODUS, –
QU’EST-CE QUI LE REND UNIQUE ET
LE DISTINGUE DES AUTRES?
TC
La possibilité de personnalisation, mal-
gré le faible nombre d’éléments est le point fort
de Modus. Il y a un autre aspect qui me rend
très heureux du résultat final du projet et c’est
quelque chose que nous avons essayé de viser
dès le début. Malgré sa modularité et sa polyva-
lence, Modus reste un meuble avec un langage
loin du froid et fonctionnaliste de nombreux sys-
tèmes modulaires. L’intention était de créer un
produit qui apparaisse "fini" dans toutes ses con-
figurations, en évitant qu’il ne semble toujours
quelque chose d’incomplet ou une partie d’un
système plus ample. Pour cela, des configura-
tions prédéfinies sont prévues, mais le système
permet également la création de solutions en-
tièrement personnalisées. En outre, pour garan-
tir une conception réellement autonome, il est
prévu l’intégration avec une batterie qui rend le
système complètement indépendant.
COMMENT LA DURABILITÉ INFLU-
ENCE-T-ELLE TES PROCESSUS ET
LES PRODUITS QUE TU CONÇOIS?
TC
En tant que designer, mon ap-
proche de la durabilité dépend toujours du cli-
ent avec lequel je développe un projet. C’est
quelque chose que nous, les concepteurs, de-
vons être en mesure de "manipuler" mais qui
doit déjà être mis en œuvre par les entrepris-
es avec lesquelles nous entrons en contact.
Dans ce cas, l’engagement a été de garder tous
les éléments séparables et démontables, réus-
sissant ainsi à satisfaire la personnalisation, la
désassemblabilité des éléments, un stockage plus
efficace et moins encombrant. Quand on parle
de durabilité, on oublie souvent tout le proces-
sus pour parler simplement de matériel de réali-
sation. Une approche durable est une approche
qui prend en compte toutes les étapes de la vie
d’un produit, de la production à la distribution.
COMMENT TROUVE-TU UN ÉQUILI-
BRE ENTRE ESTHÉTIQUE ET FONC-
TIONNALITÉ DANS TON TRAVAIL?
TC
Le débat sur la forme et la fonction est
un débat qui se poursuit depuis l’aube de cette
discipline et que je crois maintenant avoir épu-
isé son sens d’être. Nous avons enfin compris
qu’un projet ne peut pas se passer des deux
concepts et qu’un bon projet est à la fois beau,
bien fait et fonctionnel. Ne considérer qu’un seul
des deux concepts de vie à des projets boiteux
qui durent le temps d’une saison. Le dialogue
entre les acteurs du terrain dont je parlais au
début, où chacun apporte son savoir-faire au
sein du processus est ce qui donne vie à des
projets dans lesquels la composante esthé-
tique et fonctionnelle sont si amalgamées et
métabolisées dans le projet qu’il est impossi-
ble de les séparer et d’en identifier les limites.
PEUX-TU NOUS PARLER DES DÉFIS
ET DES PLUS GRANDES SATISFAC-
TIONS DE TRAVAILLER DANS LE SEC-
TEUR DU DESIGN?
TC
Personnellement, je fais ce métier pour
un lien viscéral que j’ai toujours eu avec les ob-
jets; par conséquent, les raisons de la satisfac-
tion que j’éprouve en dessinant, voir réalisé et
ensuite utilisé ce que je conçois peut-être loin
ou ne pas correspondre à leur succès commer-
cial. La plus grande difficulté est toujours d’es-
sayer de rester objectif et critique sur son tra-
vail, en donnant de l’espace aux reproches et en
accueillant l’erreur comme une possibilité.
RACONTE-NOUS QUELQUE CHOSE
D’INATTENDU SUR TOI.
TC
Lors des salons où mes produits sont
présentés, Je suis là pour surveiller les réac-
tions des gens qui voient et utilisent pour la
première fois les produits que j’ai dessinés.
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15
SPACE
The IBEBI Magazine
N. 06
March 2025
|
Designer
Tommaso Caldera, MODUS