15
FLEXFORM | PAPER
Sotto il pergolato. Il tavolo Any Day circondato da pouf Phuket per pranzi e cene in
compagnia. | Under the arbor. The Any Day table surrounded by Phuket ottomans, for
lunches and dinners with guests.
I
l fiume Meolo scorre nella campagna
vicino a Treviso. I terreni che lam-
bisce ospitano da sempre cascine e
fattorie. Come quella ereditata da
Maurizio Guizzo, originario di que-
sta regione ma con una vita lontano
da qui, a Ginevra. È l’occasione per
una svolta. «Venticinque anni fa avevo messo
in piedi uno studio di graphic design ma mi
ero sempre detto: a una certa età smetto e
cambio vita», ricorda oggi. Così, insieme alla
moglie Paola Gherardelli, fa partire il progetto
di recupero di questo lembo di terra delimita-
to dall’acqua su tutti i lati, come se fosse una
piccola isola.
Il fabbricato, risalente agli anni ’70, è molto
compromesso. La coppia sceglie una strada più
radicale: demolire (l’edificio non è vincolato) e
ricostruire. Nel progetto coinvolgono un amico,
l’architetto Silvio Stefani, titolare dello studio
Metamorphosi104, che non solo lavora in zona
ma è pure vicino di casa. «Seguivamo da tem-
po il suo lavoro, ci piace il suo approccio: un’ar-
chitettura calda, uso intelligente di materiali e
di colori naturali». Il lavoro è stato lungo, un
cantiere durato tre anni, con Guizzo ancora a
Ginevra e la moglie già trasferita nel Veneto per
seguire e guidare il processo creativo, in piena
sintonia con l’architetto. Il punto di partenza
è stata la salvaguardia del paesaggio, di questa
campagna rimasta intatta. La casa è stata co-
struita nel pieno rispetto dei canoni dell’archi-
tettura del luogo: «Volevamo creare un edificio
che facesse pensare – per le dimensioni, per le
proporzioni – a un vecchio rustico veneto. E
infatti tutti quelli che passano da questa zona
pensano che lo sia», racconta Guizzo.
È anche per questo spirito di autenticità che
Flexform ha scelto questa casa per ambientare
alcuni elementi della sua produzione (che sono
molto piaciuti ai padroni di casa).
L’edificio è composto da due corpi di fabbri-
ca rettangolari disposti a L: quello principale, a
due livelli, è la casa vera e propria, quello secon-
dario a un solo livello ospita i locali di servizio,
un’area abitativa per gli ospiti e l’autorimessa con
magazzino. Per il tetto, a due falde, sono stati
utilizzati coppi di recupero e, come nelle costru-
zioni dell’epoca, non ci sono grondaie, la “pelle”
della casa è in calce canapa («abbiamo scelto un
materiale naturale, costoso ma che ci piaceva»,
spiegano i padroni di casa): uno strato di 40 cm
di spessore che gestisce umidità, caldo, freddo.
Tutti i soffitti e alcune pareti sono realizzate con
legname recuperato dal cantiere, cucina e bagni
hanno una struttura in cemento e sono stati co-
struiti direttamente sul posto.
Il cuore della casa è la grande zona giorno a
tutta altezza, dove grandi vetrate – i telai sono
in ferro verniciato per garantire la massima tra-
sparenza – e porte pivotanti mettono in diretta
comunicazione interno ed esterno. D’estate la
vita si svolge in giardino, con la stagione fred-
da tutto rientra e ci si ritrova attorno al tavolo
da pranzo o al camino, che si apre in una parete
rivestita in assi di legno annerite a fuoco. Di not-
te, poi, la casa si trasforma e l’ambiente diviene
più raccolto, mentre da fuori appare come una
sorta di lanterna magica. Per le quattro camere,
ognuna con i suoi servizi, le dimensioni sono più
intime ma il rapporto col paesaggio rimane un
elemento centrale. Per la loro nuova vita i padro-
ni di casa non hanno programmi precisi, tutt’al
più desideri: ospitare eventi, creare una stagione
di concerti jazz. Un mondo dove cultura e vita
rurale viaggiano di pari passo: «Le nostre galli-
ne, vivacissime, sono riuscite a essere anche pro-
tagoniste dello shooting di queste pagine, venen-
do a curiosare in continuazione», ricorda Paola
Gherardelli. «Sono ribelli e rumorose. Ma per noi
sono presenze importanti», confessa. Un ritorno
alla natura. Con un sorriso.