lignee, tra i lampadari di cristallo, gli specchi, i dipinti barocchi, e le
pareti dorate o ricoperte di broccati color porpora, Edra ha collocato
i divani Standard di Francesco Binfaré, in accordo sia cromatico
sia formale con lo spazio circostante, così come i tavolini Cicladi di
alabastro di Jacopo Foggini o il tavolo Brasilia dei Fratelli Campana.
Anche all’ingresso, di fronte al
grande occhio spalancato di
JR, alcuni divani di Binfaré color
petrolio sono posizionati in modo
da invitare alla restituzione dello
sguardo, al campo/controcampo
visivo. Ma nello spazio, dove la
sensibilità sociale e visuale di
JR ha collocato i teli giganti con
i volti dei bambini che si rivelano
solo quando il drappo viene
issato e da straccio informe si fa
volto e storia e identità, lì Edra
ha voluto collocare la poltrona
Favela
dei
fratelli
Campana,
una seduta pensata per essere
costruita con gli scarti recuperati
nelle bidonvilles, quasi a voler
esprimere anche nella materialità
dell’oggetto quel segno di rinascita
e di riconquista identitaria che
emerge dalle gigantografie di JR.
In modo analogo, Tatlin di Roberto
Semprini e Mario Cananzi, con la
sua configurazione circolare, invita
a gettare uno sguardo panottico
sullo spazio circostante e sulle
sue devastazioni, mentre due
sedute
delicatamente
gioiose
come Getsuen e Rose Chair di
Masanori Umeda, sembrano voler
introdurre un tocco di vita e di
speranza davanti a un paesaggio
di perdita e di fuga verso l’ignoto
com’è quello fotografato da JR.
La collezione entra in relazione
con l’arte, con la fotografia con il
Palazzo, secondo una visione che
mira a fare dello spazio museale
un organismo vivo e vitale, che non si limita a custodire le vestigia
del passato, ma che incalza il presente e lo indaga, interrogando
tutti noi sul nostro modo di stare dentro il nostro tempo. Come dice
chiaramente Antonio Carloni, Vicedirettore della sede torinese di
Gallerie d’Italia: “Credo che per avere un ruolo civile importante nella
società contemporanea il museo debba smettere di fare il museo”.
Silvana Annicchiarico
Architetto, vive a Milano, svolge attività di ricerca, di critica e di didattica. È consulente per enti pubblici e aziende. Attraverso progetti espositivi ed editoriali si occupa di temi
contemporanei, dell’opera di grandi maestri e di nuovi protagonisti del design. Dal 2007 al 2018 è stata ideatrice e Direttore del Triennale Design Museum della Triennale di Milano.
Dal 2019 è Docente di Storia del design all’Università Isia di Pordenone. Dal 2019 al 2022 è stata membro del Comitato Tecnico Scientifico per i Musei e l’economia della cultura
del MIBAC. Collabora con il Ministero degli Affari Esteri per mostre itineranti nel mondo, scrive per La Repubblica e Domus.
Annichiarico is an architect who lives in Milan, working on activities of research, criticism and teaching. She is a consultant for public authorities and companies. Through her work
in exhibition and publishing projects she deals with contemporary themes, and the work of great masters and new protagonists in design. From 2007 to 2018 she was creator
and director of the Triennale Design Museum at the Milan Triennale. Since 2019 she has been Professor of Design History at the Isia University of Pordenone. From 2019 to 2022
she was a member of the Technical-Scientific Committee for Museums and the Economy of Culture at the MIBAC. She collaborates with the Ministry of Foreign Affairs on travelling
exhibitions around the world. She writes for La Repubblica newspaper and the architecture and design magazine Domus.
Photo Pietro Savorelli
Standard
nella Sala della carta cinese di Palazzo
Turinetti.
in Palazzo Turinetti’s Chinese paper room.
Nella pagina successiva
Standway e Brasilia.
Il divano rosso e il tavolo specchiato nella
Sala del Piffetti.
On the following page Standway and
Brasilia.
The red sofa and mirrored table in Sala
del Piffetti.
paintings, and walls gilded and decorated with purple brocades,
Edra positioned Francesco Binfaré’s Standard sofa in accord with
the colours and forms of the surroundings,in the same way as the
small alabaster Cicladi tables by Jacopo Foggini and the Brasilia
table by the Campana Brothers. In the entrance, opposite JR’s
giant wide-open eye, Binfaré’s
petroleum-coloured sofas were
placed as an invitation to return
the gaze, a visual version of a
cinematic shot and counter-shot.
However, in the space where
JR, with his social and visual
sensibility, positioned his giant
banners of children’s faces, only
revealed when the banners are
hoisted and go from shapeless
rag to being face, history and
identity: here Edra wanted to put
the Campana brothers’ Favela
armchair, a seat designed to be
made with scraps gathered in the
streets, and through its materiality
expressing the same significance
of
identities
snatched
back
and reborn that unfolds in JR’s
banners. In a similar vision the
Tatlin sofa by Roberto Semprini
and Mario Cananzi, with its
circular movement, invites us to
keep an all-embracing panoptic
view of the surrounding space
and the devastation it contains.
Instead, two delicately joyful
seats like the Getsuen and the
Rose Chair by Masanori Umeda,
seem to want to introduce a ray
of life and hope, faced with a
landscape of loss and flight into
the unknown like that of JR’s
photographs. In short, design
establishes a relationship, with
the art, with the photography,
and with the Palazzo, based on
a vision that intends to make
museum spaces into vital living organisms, not limited to conserving
vestiges of the past, but leaning into the present, investigating it, and
interrogating us all on our way of being part of our times. Antonio
Carloni, vice director of the Turin Gallerie d’Italia states clearly: “I
believe that if a museum wants to have an important civil role in
contemporary society, it has to stop being a museum”.
Edra Magazine n°3
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