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Il restauro della facciata di San
Mercuriale: la lunetta de
‘Il sogno e l’adorazione dei
Magi’, una scultura simbolo
per la città di Forlì
Don Enrico Casadio
Abate di San Mercuriale
Abbot of San Mercuriale
Forlì non sarebbe riconoscibile senza l’abbazia
di S. Mercuriale. Non è azzardato fare questa
affermazione, per le ragioni che vorrei richiamare
qui, senza alcuna pretesa di precisione scientifica
o velleità di approfondimento. Mi limiterò a
rammentare alcuni dati, facilmente osservabili.
La basilica col suo bel campanile, alto 72 metri
all’incirca, elegante costruzione della seconda
metà del XII secolo, è indubbiamente il monumento
simbolo della città, come appare dalle tante, svariate
riproduzioni. Anzi, il campanile può esser detto il
segno distintivo di Forlì. Infatti chi si avvicina alla
città, sita nella pianura, lungo l’antica Via Emilia, tra il
fiume Ronco e il fiume Montone, vedendolo stagliarsi
sopra gli altri edifici, comprende di essere ormai
arrivato a Forlì. Oggi la torre comunale dell’orologio
supera di qualche metro la torre campanaria perché,
si dice, nel secondo dopoguerra l’Amministrazione
volle che la torre, distrutta verso la fine del conflitto,
fosse ricostruita più alta del campanile. Altri tempi,
altri modi di confronto.
In effetti, l’abbazia, stando in faccia all’attuale
palazzo del Comune, rappresenta il confronto,
non necessariamente polemico, spesso fecondo
e benefico, tra autorità civile e autorità religiosa.
A dire il vero, S. Mercuriale, a causa delle tensioni
plurisecolari tra l’Abate del monastero e il Vescovo
diocesano, ha sempre spinto a pensare e a vivere
anche l’appartenenza ecclesiale come dialettica, non
priva di contrasti, sempre bisognosa di compromessi,
intesi nel senso migliore del termine. Insomma, il
complesso di S. Mercuriale, sorto fuori delle mura
della città romana e medievale, dunque fuori del
primitivo centro urbano, contribuisce a rendere Forlì
una città policentrica.
Proprio il grande spiazzo tra le mura e l’abbazia,
spiazzo appartenente a quest’ultima e perciò
chiamato il Campo dell’Abate, fece sì che il monastero
fuori le mura si ritrovasse, col passare del tempo,
entro la cinta urbana. Infatti, fin dal medioevo, il
Campo dell’Abate, oggi Piazza Saffi, è stato luogo
di mercato, o meglio il luogo del grande mercato
di Forlì, da sempre sede di scambi, soprattutto nel
settore agricolo e in quello tessile. Ancora oggi, due
volte la settimana, si tiene il mercato davanti alla
basilica, che non manca di offrire, oltre alla possibilità
di raccogliersi in preghiera o in ammirazione nel suo
suggestivo interno in penombra, quella di tirare il
fiato sui gradini del suo sagrato. Non sembra inutile
ricordare che, per lo svolgimento del mercato, ossia
della più importante attività commerciale cittadina,
il Comune di Forlì sottoscrisse con l’Abate di S.
Mercuriale una sorta di contratto di comodato d’uso
nel 1212. Dunque la piazza apparterrebbe ancora
all’abbazia? Ci basta formulare la domanda così, tanto
per parlare… In ogni caso, il complesso abbaziale,
il mercato, la Via Emilia (corrispondente, grosso
modo, all’attuale Corso della repubblica), nonché
altri motivi, permettono di comprendere perché la
città si estese nella direzione di Cesena, finendo con
l’avvolgere l’antico monastero che prende nome dal
Santo Protovescovo forlivese.
Solamente a questo punto vengo alla ragione
originaria dell’importanza dell’abbazia: essa è, per
così dire, la custodia delle reliquie di colui che,
secondo la tradizione locale, fu il primo Vescovo
della
Chiesa
forlivese.
Pare
ragionevolmente
fondata la supposizione recente che l’insieme di
S. Mercuriale si sia sviluppato a partire da una
primitiva cappella, eretta sul sepolcreto dei vescovi
locali, posto, secondo la legge romana, fuori delle
mura della città. Il più antico nome di Vescovo che
ivi si leggesse era appunto Mercuriale. La leggenda
medievale ce lo presenta come un pastore santo e
zelante, pronto a intervenire a difesa del suo gregge.
Così, San Mercuriale avrebbe ammansito il drago
che minacciava rovina e morte, verosimilmente
simbolo dell’eresia che lacerava mortalmente la
Comunità cristiana. Come, d’altronde, sarebbe
andato in cerca dei concittadini ridotti in schiavitù
per riscattarli e farli ritornare in patria. La memoria
liturgica del Santo, il 30 aprile, costituì per secoli la
festa principale della città di Forlì, con la corsa del
DORELAN, A TESTIMONIANZA DELLA SUA SENSIBILITÀ
VERSO L’ARTE E LA CITTÀ IN CUI HA SEDE LA SUA
PRODUZIONE DA OLTRE CINQUANTA ANNI, NEL 2019
CONTRIBUISCE AL RESTAURO E AL CONSOLIDAMENTO
DELLA FACCIATA DELL’ABBAZIA DI SAN MERCURIALE,
VERO E PROPRIO SIMBOLO PER LA CITTÀ DI FORLÌ.
DORELAN HAS ALWAYS BEEN A PATRON OF THE ARTS
AND OF THE CITY WHERE IT HAS BEEN BASED FOR OVER
FIFTY YEARS. IN 2019 DORELAN CONTRIBUTED TO THE
RESTORATION AND CONSOLIDATION OF THE FAÇADE OF
THE ABBEY OF SAN MERCURIALE, A TRUE SYMBOL OF THE
CITY OF FORLÌ.