STORIA
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che funge da catenaria e quella più in
alto con la funzione di legante fra i due
apici dei pennoni; osserviamo infine
sotto, nell’appoggio a terra, un evidente
spessoramento chiuso per nascondere
delle travi di metallo messe per irrigidire
ulteriormente la base in legno.
Anche la bella foto dei primi anni ’60
scattata dal grande Mario De Biasi, nella
quale Albini viene ritratto dietro al Veliero,
ci permette di verificare come la libreria
sia ancora sottoposta da parte di Albini
a delle ulteriori attenzioni per migliorare
la sua resistenza, come si può notare
con alcuni interventi di rinforzo
alla base di un pennone.
Si può ben capire quindi come oggi
ricostruire la libreria Veliero, al di là
delle delicate questioni strutturali,
ha significato rimettere in circolo quel
coraggio progettuale fatto di ricerca,
di sperimentazione, di utopia, di cura
del dettaglio, di tecnica, e di fantasia
che ha contraddistinto il lavoro di Albini
(come di altri suoi compagni di strada),
soprattutto in quel delicato momento
storico di profonda riflessione
culturale. Se è vero, come è vero, “che
la fabbricazione di un prodotto – come
ha scritto Persico – non consiste tanto
in un espediente tecnico, quanto in un
segreto spirituale” si può immaginare con
quale rispetto (verrebbe da dire religioso)
si è cercato di ridare vita al Veliero,
per inserirlo degnamente nella raccolta
di Franco Albini fra i pezzi della Collezione
i Maestri Cassina. In questa ricostruzione,
forse più che in altre occasioni, Cassina si
è trovata di fronte a delle sfide costruttive
piuttosto complesse che hanno imposto
delle scelte molto rigorose per non
compromettere la qualità dell’esito
finale. Sono stati interpellati strutturisti
HISTORY
C
(più ampi in alto, più stretti in basso)
e una base, chiaramente in metallo, con
quattro razze che poggiano alle estremità.
Di questa versione, Cassina, con la
consulenza di Filippo Alison, realizzata
per la mostra “Zero Gravity” tenutasi alla
Triennale di Milano nel 2005 in occasione
del centenario dalla nascita di Franco
Albini, ha tentato una ricostruzione che
però non ha soddisfatto da diversi punti
di vista, soprattutto nel confronto estetico
con il prototipo originale. L’ossessione
di Albini di trovare un giusto equilibrio
statico e di resistenza al carico
di questo suo particolare concetto
di libreria “a réaction poétique” lo spinse
a fare continue piccole modifiche al
modello originale. Solo recentemente
si è potuto testimoniare tale incessante
ricerca grazie alla riscoperta di un
inedito repertorio fotografico realizzato
niente di meno che dal grande fotografo
americano Irving Penn. Nel 1948 Penn
arrivò a Milano, inviato a Vogue America,
per documentare l’attività degli architetti
Milanesi nella ricostruzione del Paese,
che in quel momento si dimostra
particolarmente attenta e qualificata
nel rinnovamento del progetto
per gli interni e degli elementi d’arredo.
Così nel servizio di sei pagine apparso
su “Vogue” del novembre 1949, intitolato
Milan: Design Renaissance firmato da
Ernesto Nathan Rogers, appare anche
il Veliero, ma in una condizione
particolare, potremmo dire di “lavoro
in corso”. In effetti appare evidente
che la libreria è in una fase di verifica
strutturale: notiamo la grande quantità
di libri sulle due mensole superiori
come per effettuare una prova di
carico, vediamo le fascette che legano
insieme le due linee superiori, quella