STORIA
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HISTORY
oltre le cupe minacce di una tragedia
incombente: come un sogno di futuro,
un seme di “speranza progettuale”.
Una storia piccola, ma insuperabile, come
un enigma senza risposta: più importante
per le curiosità progettuali che ha ispirato,
che non per le annose preoccupazioni
dedicate alla sua delicata staticità.
Denominata Veliero da Franca Helg,
socia di Albini, per la sua allusione
alla carpenteria nautica, la libreria
nasce dall’intreccio della
fondamentale palestra
progettuale degli allestimenti
con la passione di Albini per
la “poesia” dell’ingegneria
sperimentale.
La sua purezza e precisione
geometrica di “magica
astrazione”, la sua
“esasperazione di una
statica condotta a sfiorare
i limiti di rottura”, la sua
idea di “spazio atmosferico”
fluttuante ed etereo, sono
le coordinate latenti di un
oggetto emblematico,
che ha nella sua particolare
natura anche la qualità di rappresentare
l’inizio di un nuovo principio
dell’“allestimento” domestico. In tal
senso anche il Veliero può ascriversi
alla formula che lo storico dell’arte
Raffaello Giolli dedicò a un luminoso
allestimento provvisorio concepito
da Edoardo Persico, per altro grande
“maestro” ispiratore di Albini: “Spesso
i padroni del mondo consentono,
in queste sole occasioni, agli architetti
nuovi, di ‘scherzare’ in libertà. Così
soltanto lo si è permesso a Persico
(e noi pensiamo anche ad Albini, n.d.a.)
in qualche sala d’esposizione.
Dettaglio della libreria
Veliero di Cassina. /
Detail of the Cassina
Veliero bookcase.
C
La libreria Veliero, da quando è apparsa
sulla copertina di “Domus” nel luglio 1941,
è diventata in poco tempo un’icona della
cultura del design italiano: un’immagine
misteriosa e affascinante che ha
rappresentato per molti progettisti
e storici quasi un’ossessione. “Elemento
d’arredo” unico e speciale disegnato
da Franco Albini espressamente per
la sua casa nel 1939, la libreria Veliero
è il simbolo di un modo italiano
di pensare a una funzione molteplice
e complessa dell’oggetto d’uso
nel paesaggio domestico. Se, come ha
scritto Bruno Zevi, Albini “trasformava
le cavità immettendo nella loro rarefatta
stesura aggettivi capaci di farle vibrare”,
certamente il Veliero è stato l’aggettivo
più armonico e risonante. Lo spirito
di questa struttura aerea ha aleggiato
a lungo sulle ricerche ideali e a volte
utopistiche del design italiano, e per molti
continua ad essere uno dei riferimenti
più stimolanti per riflettere sul senso
e il valore del disegno degli oggetti d’uso
rispetto alle modificazioni dell’abitare.
Questa libreria-diaframma, “sostanza
di cose sperate”, ci arriva da un momento
storico, gli inizi della seconda guerra
mondiale, in cui molti architetti e artisti
sentirono il bisogno di mettere un
messaggio nella bottiglia e di lanciarlo
Il Veliero e la “profezia”
del design italiano
di Giampiero Bosoni