Arbre Magique®, 1951
More than a gadget, l’Arbre Magique®
(originally Little Trees®) is an authentic
popular icon. A Canadian businessman of
Swiss origin, Julius Sämann invents this little
cellulose punch-out drenched in perfumed
essence in 1951. It is destined to conquer
drivers across the world. Hanging from the
rearview mirror and always swinging on the
edge of kitsch, l’Arbre Magique® has now
duly entered in the pantheon of
contemporary iconography, a nostalgic
memory of the carefree 1950s.
Arbre Magique®, 1951
Più che un gadget, l’Arbre Magique® (in
originale Little Trees®) è un’autentica icona
popolare. Fu l’uomo d’affari canadese di
origine svizzera Julius Sämann ad inventare
nel 1951 quella piccola fustella in cellulosa
impregnata con un’essenza profumata e
destinata a conquistare gli automobilisti
di mezzo mondo. Appeso allo specchietto
retrovisore e sempre sospeso sul limite del
kitch, l’Arbre Magique® è oramai entrato
di diritto nel pantheon dell’iconografia
contemporanea, nostalgico ricordo degli
spensierati anni Cinquanta.
Bombay Sapphire Gin, 1761
Legend has it that behind the perfumed
fragrance of Bombay Sapphire Gin, there
is a secret recipe dating to 1761. But this
liquor’s real secret of success is its sapphire
colored bottle, so luminous and transparent.
The magic of its color united with the whiff
of Asian spices evokes the atmosphere of
colonial India, the Bengal Lancers and the
tigers of Nepal. All of this is in a beveled
bottle and a Martini glass.
Gin Bombay Sapphire, 1761
Narra la leggenda che dietro alla profumata
fragranza del Gin Bombay Sapphire ci sia
una ricetta segreta che risale al 1761.
Ma il vero segreto del successo di questo
liquore è la sua bottiglia color zaffiro,
luminosa e trasparente. La magia del colore
unita al sentore di spezie orientali rievoca
le atmosfere dell’India coloniale, i lanceri
del Bengala, le tigri di Mompracem. Tutto
questo in una bottiglia tagliata a ‘baguette’
e in un bicchiere di Martini.
Herman Miller/Vitra Panton Chair,
Verner Panton 1959/1967
“I am not especially interested in shapes.
I usually work through ideas or concepts . . .
A form is open to infinite variations, an idea
isn’t. This is why a concept and a shape are
not the same thing.” Despite these
statements, Verner Panton has to shape the
form of a concept literally with his hands,
in this monolithic chair. Made of a single
material, with no interruptions or joints.
His chair is a true icon, a gesture, a sign that
embodies a turning point that is not only
formal but cultural as well. After leaving the
heroic phase of modernity behind, objects
now just remain images and they perform
an esthetic-narrative role to begin with.
These are things to look at and show before
you use them.
Panton Chair Herman Miller/Vitra,
Verner Panton 1959/1967
“Non sono particolarmente interessato
alle forme. Di solito lavoro per idee o per
concetti … Una forma è aperta ad infinite
variazioni, un’idea no. Per questo un
concetto ed una forma non sono la stessa
cosa”. Eppure, a dispetto di queste
affermazioni, Verner Panton dovette
letteralmente modellare con le sue mani la
forma di un concetto come quello di una
sedia monolitica, realizzata con un solo
materiale, senza stacchi e senza giunture.
La sedia è un’autentica icona, un gesto, un
segno in cui si riassume una svolta non solo
formale ma culturale: superata la fase eroica
della modernità, gli oggetti oramai sono
immagini e svolgono prima di tutto una
funzione estetico – narrativa: cose da
guardare e da mostrare prima che da usare.
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Chanel No. 5, Coco Chanel 1921
“I want a woman’s perfume with a woman’s
scent.” The legend goes that this was the
1921 request that Coco Chanel made to the
chemist Ernest Beaux. The difficult research
that ensued, produced a revolutionary
perfume. Significant quantities of synthetic
compounds were used along with natural
essences for the first time. Not just May Rose
and Grasse Jasmine, he also added
aldehydes and derivates refined from fossil
carbon tar. The artificial had officially entered
the world of perfume. Chanel wanted to call
this her first perfume quite simply no. 5:
Beaux’s fifth proposal. On the other hand,
the essentialness of the name corresponded
to the nature of a perfume that knew how
to impose itself for the crispness of its
structure and the severity of the bottle,
exhibited at the Museum of Modern Art in
New York in 1958. Who knows though, if
the perfume would have been as successful
if Marilyn Monroe hadn’t remarked one day:
“What do I wear to bed? A drop of Chanel
no. 5” The maximum with the minimum.
Chanel N 5, Coco Chanel 1921
Voglio un profumo per donna dall’odore
di donna. La leggenda narra che questa
fu la richiesta che, nel 1921, Coco Chanel
rivolse al chimico Ernest Beaux. Da una
difficile ricerca, scaturì un profumo
rivoluzionario nel quale, per la prima volta,
accanto alle essenze naturali furono
impiegati composti sintetici in quantità
significative. Non solo rosa di maggio e
gelsomino di Grasse, ma anche le aldeidi,
derivato dalla raffinazione del catrame di
carbon fossile. L’artificiale entrava
ufficialmente nel mondo dei profumi.
Chanel volle chiamare questo suo primo
profumo semplicemente n° 5, perché era
la quinta proposta fatta da Beaux. Del resto,
l’essenzialità del nome corrispondeva alla
natura di un profumo che seppe imporsi per
il nitore della sua struttura e per il rigore del
flacone, esposto dal 1959 al MoMA di New
York. Chissà però se il profumo avrebbe
avuto lo stesso successo se Marylin Monroe
non avesse un giorno detto: “Cosa indosso
per dormire? Una goccia di Chanel n° 5”.
Il massimo con il minimo.
Marinella Ties since 1914
Twenty square meters on the Chiaia Riviera
in Naples, made the history of Italian male
elegance in the 20th century. Eugenio
Marinella started by importing shirts (and
later ties), directly from London in 1914. It
was however the Mediterranean light that
suggested the unusual matches of flowery
silks and regimentals. These ties were
created exclusively with traditional seven
fold manufacture, giving them inimitable
substance.
More than entering a shop, crossing
the Marinella threshold in Naples means
entering a sitting room, where the ancient
rite of encounter and conversation is
perpetuated. Only by knowing the nature
of each client, can the unrepeatable alchemy
between fabrics, colors, patterns and well-
bred eccentricities gush forth. Elegance is
not just a question of style, even if style
reinvents the laws of elegance every day.
Cravatte Marinella, dal 1914
20 metri quadrati sulla Riviera di Chiaia
hanno fatto la storia dell’eleganza maschile
italiana del Novecento. Camicie prima e poi
cravatte, che Eugenio Marinella importa
direttamente da Londra dal 1914.
Ma è la luce del mediterraneo a suggerire
accostamenti inconsueti per sete fiorate
e regimental. Cravatte realizzate
esclusivamante con la classica lavorazione
a sette pieghe, che conferisce alla cravatta
una inimitabile consistenza.
Più che entrare in un negozio, varcare la
soglia di Marinella a Napoli significa entrare
in un salotto, dove si perpetua il rito antico
dell’incontro e della conversazione. Solo
conoscendo l’indole di ciascun cliente potrà
scaturire l’irripetibile alchimia fra stoffe,
colori, disegni e garbate stravaganze.
L’eleganza non è un fatto di stile,
ma è lo stile a reinventare ogni giorno
le leggi dell’eleganza.
Brionvega TS 502 radio, Marco Zanuso
and Richard Sapper, 1963
In the early 1960s, Marco Zanuso starts
his collaboration with Brionvega, an Italian
company that specializes in the production
of radio and television devices. The result is
not just a lucky professional relationship;
it is an actual theory of the technical object
for the home. Zanuso’s objective seems to
be to take the control over the problem
away from the technical side, taming
technology so it can enter into a relationship
with the ways and spaces of domestic life.
In 1963, Brionvega presents its TS 502
radio. Here, Zanuso interprets the tension
between the form of technology and the
shape of behavior; he designs a
transformable volume, a spatial and
temporal sequence based on two positions
for use: on/off and sound/silence. He
arranges the radio component in the two
valves of the device: the circuits and the
control panel of settings are in one side,
and the amplifier and speaker are in the
other. The formal performance of the device
is made possible thanks to the refined
design of hinges where the cables and
electrical wiring pass almost invisibly.
Marco Zanuso e Richard Sapper, radio
Brionvega TS 502, 1963
Agli inizi degli anni ’60 Marco Zanuso avvia
una collaborazione con la Brionvega, azienda
specializzata nella produzione di apparecchi
radio televisivi. Ne scaturisce non solo un
fortunato rapporto professionale, quanto
una vera e propria teoria dell’oggetto
tecnico a destinazione domestica. L’obiettivo
di Zanuso sembra essere quello di sottrarre
alla tecnica il controllo del problema, una
sorta di addomesticazione della tecnologia
che viene costretta ad entrare in relazione
con i modi e gli spazi della vita domestica.
Nel 1963 Brionvega presenta la radio TS
502. Interpretando la tensione fra la forma
della tecnica e quella dei comportamenti,
Zanuso disegna un volume trasformabile,
una sequenza spazio-temporale impostata
su due posizioni d’uso: on/off; suono/silenzio.
Distribuiti i componenti della radio nelle due
valve dell’apparecchio (da una parte i circuiti
e il cruscotto della sintonia, dall’altra
l’amplificatore e l’altoparlante) la
performance formale dell’apparecchio è resa
possibile grazie al raffinato disegno delle
cerniere al cui interno passano, quasi
invisibili, cablaggi e contatti elettrici.