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N. 14
di un bel cavallo fulvo. Quando io lo avevo incontrato, Claudia, la ragazza
che studiava storia dell’arte, lo aveva da poco lasciato spezzandogli il cuore.
Lui aveva smesso di andare all’università, aveva smesso di parlare e di sognare
sua nonna. E quando Aldo e Maurizio, gli unici amici che gli erano rimasti per-
ché erano gli unici che sopportavano la sua tristezza e il suo mutismo,
gli avevano proposto un viaggio lui all’inizio aveva detto no, però dopo, visto
che insistevano, aveva proposto come meta il Portogallo. Gli amici avevano
accettato e lui era partito: voleva trovare la casa bianca, così sua nonna sa-
rebbe tornata ad apparirgli in sogno. Dopo Lisbona si erano inoltrati nell’interno,
verso Cascais e poi Sintra. Fu al ritorno, mentre il sole si ostinava
a non tramontare, che la vide, lungo la piccola strada tortuosa che stavano
seguendo per riprendere l’autostrada. Era lontana, tutt’intorno il verde dei
prati, un bagliore azzurro forse di un lago, e lei, la casa, tutta bianca. Più in là
dei cavalli annusavano l’aria. «Fermatevi», aveva urlato agli amici, «fermatevi»,
mentre si contorceva sul sedile per non perdere l’immagine, «fermatevi».
Ma loro ascoltavano musica a tutto volume, erano stanchi e affamati e non
gli avevano dato retta. Avrebbe voluto afferrare quella immagine, tenerla
con sé, non perderla, offrirla nel sonno a sua nonna. Ludovico guardò un punto
lontano nella stanza, e per un attimo sembrò che non volesse più parlare.
«E ha ricominciato a sognare sua nonna?», gli ho chiesto per spingerlo a conti-
nuare. «No», mi ha risposto. «E in Portogallo, a cercare la casa bianca,
non è tornato?» «Sì, ma non l’ho più trovata», mi ha detto velocemente, come
se stesse ridiventando il ragazzo taciturno di quindici anni prima. Ci siamo
accomiatati con un cenno del capo, ma poi mentre si stava allontanando
si è di nuovo rivolto a me, rendendosi conto che non mi aveva spiegato perché
era diventato fotografo. «Da allora ho cominciato a sognare case, case bian-
che, ognuna diversa dall’altra in terre che non avevo mai visto.
E mi sono messo in viaggio per ritrovarle. Ma non sono mai più partito senza
una macchina fotografica, per non perderle, se le avessi trovate».
Sometimes she was standing at the doorstep of a marvelous white
house, and other times was holding the reins of a handsome tawny horse.
When I first met him, Claudia, the literature student, had just left him
and had broken his heart. He stopped studying, stopped talking and
stopped dreaming about his grandmother. And when his friends Aldo and
Maurizio, who were the only ones who could put up with his moping and
silence, suggested going on a trip he at first said no. But since they insisted,
he suggested Portugal. His friends agreed and off they went: he wanted
to find the white house, so that his grandmother would return to him
in his dreams at night. After Lisbon they struck out for the interior, towards
Cascais and then Sintra. It was on the way back, when the sun stubbornly
refused to set, that he saw it, from the winding road back to the highway.
It was far away, surrounded by green fields, with a blue reflection
of what could be a lake. There it was, the white house. A little bit father on,
some horses sniffed the breeze. «Stop,» he yelled to his friends, «stop!»
while he twisted in his seat to keep the image in view. But they had the
music on full blast, they were hungry and tired, and paid no attention.
He wanted to grasp that image and keep it with him, to never lose it,
and offer it to his grandmother in a dream. Ludovico looked across the
room, and for a moment seemed as if he no longer wanted to continue.
«Did you start dreaming about your grandmother again?» I asked him
encouragingly. «No,» he replied. «And did you go back to Portugal, to look
for the white house?» «Yes, but I didn’t find it,» he said quickly, falling quiet.
We parted with a nod of the head, and as he was walking away, he turned
around suddenly as he realized he had never told me why he became
a photographer. «From then on I started dreaming of houses, white houses,
each one different from the next, in places where I had never been.
And I started to travel to search for them. But I never left without a camera,
in order not to lose them if I were to find them again.»
The boy who dreamed of houses
Elisabetta Rasy